Compensi per copia privata, la SIAE alza le tariffe. E vuole tassare anche il cloud

Non solo hard disk, schede di memoria e smartphone: ora nel mirino ci sono servici come Google Drive e Dropbox. Impatto di 150 milioni di euro l'anno.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 16-07-2025]

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Foto di Denise Jans.

È in arrivo un'ondata di aumenti per quanto riguarda i prezzi di smartphone, PC, hard disk, schede di memoria e persino servizi di cloud storage. La causa è sempre la stessa: un aumento dei compensi per copia privata richiesti dalla SIAE. Presso il Ministero della Cultura è infatti allo studio un nuovo tariffario che prevede rincari significativi, con incrementi fino al 40% per alcune categorie di dispositivi ma soprattutto introduce una novità controversa: una tassa sui servizi cloud come Google Drive, iCloud e Dropbox. Anche se forniti gratuitamente.

Il compenso per copia privata, previsto dall'articolo 71-sexies della legge sul diritto d'autore, serve a remunerare autori, editori e produttori per l'uso legittimo di opere digitali protette come musica o film memorizzati su dispositivi o supporti personali: non si tratta dunque di un compenso per ipotetiche copie pirata, ma per le copie che legittimamente potrebbe fare chi acquista contenuti protetti da diritto d'autore: CD, DVD e via dicendo.

Stando al nuovo tariffario, le tariffe subiranno un incremento medio del 16,8%, con punte più alte per smartphone e tablet che potrebbero vedere aumenti fino al 40%. Per esempio, il compenso per gli smartphone con memoria superiore a 32 GB passerà da 5,2 euro a 6,07 euro per dispositivo; per gli smartwatch con capacità di riprodurre file audio si va da 2,57 euro a 6,54 euro, a seconda della memoria. Anche CD, DVD e Blu-ray subiranno rincari fino al 20%.

La vera sgradita novità è l'introduzione di una tassa sui servizi di cloud storage: una misura che sta scatenando un acceso dibattito. Il decreto propone un compenso di 0,003 euro per GB al mese, con un massimale di 2,40 euro mensili per utente, equivalente a circa 30 euro all'anno. Questo si applicherebbe anche ai servizi gratuiti, come i 15 GB di Google Drive o i 5 GB di iCloud, creando un precedente unico in Europa. L'idea si basa sul principio che il cloud consente la memorizzazione di contenuti protetti. Ma la sua applicazione pratica è complessa: non è chiaro chi debba pagare la tassa, se il fornitore o l'utente, soprattutto per servizi con server fuori dall'Italia; né è chiaro come gestire i profili multipli di uno stesso account. Le associazioni dei produttori hanno già definito quest'approccio «superato» e in potenziale conflitto con le normative europee sulla libera circolazione dei servizi digitali.

Le critiche non si limitano al peso economico. Molti sottolineano l'anacronismo della tassa in un'era dominata dallo streaming, dove gli utenti accedono a contenuti su piattaforme come Netflix o Spotify senza necessità di copie fisiche. La SIAE ancora giustifica la tassa pensando che ancora oggi orde di utenti acquistino un DVD (fenomeno già raro), lo copino su un hard disk (aggirando i sistemi anticopia, pratica illegale) e lo guardino da lì per salvaguardare il disco dall'usura. Si tratta di un comportamento rarissimo, considerata - come dicevamo - la diffusione dei servizi di streaming. La tassa sul cloud non fa che peggiorare la situazione: è un precedente pericoloso di cui nessun altro Stato nella UE sente il bisogno. Le associazioni dei consumatori, come Assoutenti, temono un impatto di 770 milioni di euro sulle famiglie, in un momento in cui i costi energetici e l'inflazione già gravano sui bilanci.

Dal punto di vista legale, l'applicazione della tassa sul cloud pone sfide significative. La difficoltà di identificare i responsabili del pagamento (soprattutto per servizi con server all'estero) e il rischio di violare le normative europee potrebbero portare a contenziosi. Il Ministro della Cultura, chiamato a elaborare un decreto entro settembre 2025, si trova di fronte a una scelta delicata: approvare una misura che garantisce entrate per la SIAE (120-150 milioni di euro annui) o rispondere alle critiche di un sistema percepito come obsoleto.

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Commenti all'articolo (4)

chiudessero la SIAE che sono solo dei ladri camuffati, già è osceno che percepisca soldi per proteggere i diritti d'autore falli dottori stessi, in più chiede soldi a chi ne compra copie fisiche di quelle opere, a chi gestisce ed intrattiene negli eventi che fanno uso delle opere altrui (come i concerti delle cover band) ora vogliono... Leggi tutto
17-7-2025 06:54

" non si tratta dunque di un compenso per ipotetiche copie pirata, ma per le copie che legittimamente potrebbe fare chi acquista contenuti protetti da diritto d'autore " *** ma fanno sul serio ? - detta così quindi dovrei anticipare le tasse su ciò che non comprerò mai ? - davvero non sanno più come rapinarti per farsi uno... Leggi tutto
17-7-2025 06:49

Osceno
16-7-2025 18:34

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