La possibile cessione di Telecom a AT&T si colloca in una fase difficile dei rapporti tra Italia e Stati Uniti.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 02-04-2007]
La vicenda la conosciamo tutti. Nel pieno centro di Milano un brigadiere dei carabinieri ferma Abu Omar, imam egiziano, in odore di rapporti con il terrorismo; da un pulmino spuntano agenti della Cia che sequestrano l'egiziano, lo portano nella base di Aviano; da lì sarà deportato in Egitto, dove verrà incarcerato e torturato per diversi anni, senza processo, e solo nei giorni scorsi liberato.
Le indagini della magistratura italiana, condotte da uno dei Pm migliori e più collaudati da trent'anni di lotta alle Br, il giudice Spataro, su questa "extradition" compiuta sotto il governo Berlusconi (che dichiara di non saperne niente) fanno emergere le responsabilità nella vicenda dell'allora numero due dei servizi segreti militari italiani Marco Mancini, amico e socio d'affari del capo, in carcere da diversi mesi, della security Telecom Italia e prima della security Pirelli, uno dei collaboratori più stretti di Marco Tronchetti Provera.
Al brigadiere dei carabinieri verrà promesso un posto nella security Telecom, mentre l'appartamento nell'albergo di lusso che nei giorni del rapimento Abu Omar verrà occupato a Milano da Mancini, viene prenotato da Casali, capo della scorta personale di Tronchetti.
Dalla vicenda appare che il servizio segreto americano (la Cia) era ben infiltrato nella più importante e diffusa compagnia telefonica italiana e ne approfittava per spiare non solo sospetti terroristi ma anche politici, manager, Vip di ogni genere.
Parlavano inglese, pare, gli uomini che seguivano Adamo Bove, capo della security Tim e collaboratore di Tavaroli, che avrebbe aiutato i magistrati a mettere sotto controllo i telefonini degli agenti segreti, nei giorni precedenti al suo tragico presunto suicidio.
Ora gli americani della AT&T, la più importante compagnia telefonica Usa, vogliono comprare Telecom Italia da Tronchetti Provera; sono gli stessi manager che, secondo un'inchiesta realizzata dal Congresso Usa, avrebbero aiutato la Cia a spiare illegamente, per ordine di Bush, centinaia di migliaia di cittadini americani e stranieri.
E' come se Telecom Italia, con cui anche chi non è cliente ha quotidiani e frequenti rapporti, diventasse un'immensa base Usa, molto più grande e diffusa di quella in costruzione a Vicenza, che ha suscitato dure e giustificate opposizioni di carattere ambientale, urbanistico e di opportunità politica e morale.
Questo avviene mentre il governo viene criticato duramente dagli Usa per la vicenda della liberazione di Mastrogiacomo e, nel contempo, evita di richiedere l'estradizione per gli agenti Usa che hanno sequestrato Abu Omar e oppone ai magistrati il segreto di stato sulla stessa vicenda, questione che finirà davanti alla Corte Costituzionale per conflitto di competenze.
In questo si inserisce Berlusconi, che è interessato come imprenditore televisivo a Telecom, in subordine al fatto che La7 non gli faccia troppa concorrenza. Berlusconi all'epoca dei fatti relativi agli spioni di Tavaroli era presidente del consiglio e spesso ripete che Prodi fa scappare, con le sue politiche, gli investitori stranieri dall'Italia.
Prodi è stato l'uomo che, quando presiedette l'Iri, disse di no agli americani della Ford che volevano acquistare l'Alfa Romeo: farà lo stesso con AT&T? Come si porrà De Benedetti (che negli anni '80 concluse un'alleanza tra la sua Olivetti e l'AT&T, poi conclusasi in nulla, in cui dava agli americani il diritto di prendersi dopo pochi anni tutta l'Olivetti)?
Il caso Telecom Italia diventa quindi uno snodo e una cartina di tornasole del rapporto oggi tra Italia e Usa, di quanto si sia allargato o meno per noi l'Atlantico.
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