Il settore delle telecomunicazioni è quello a più alto tasso di crescita, ma la crescita è direttamente proporzionale al numero degli addetti. In questi giorni circolano stime sui tagli all'occupazione che le principali società di telecomunicazioni europee, alle prese con livelli di indebitamento paurosi, avrebbero intenzione di effettuare nei prossimi mesi: si parla di una cifra intorno alle 300.000 unità.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 15-08-2001]
In questo quadro preoccupante, potrebbe essere interessante capire cosa accadrà all'interno di Telecom Italia rispetto alla questione occupazionale, dopo i recenti sviluppi dell'ingresso di Tronchetti Provera nel vertice aziendale.
Negli ultimi anni Telecom Italia ha ridotto i suoi organici di 25.000 unità: un processo pressochè indolore, utilizzando ammortizzatori sociali come cassa integrazione e mobilità. Questi sono stati integrati da interventi economici dell'azienda, da dimissioni agevolate e da dismissioni di parti dell'azienda verso outsourcing, nonché riconversione e utilizzo del telelavoro.
Si trattava di un "dimagrimento" dovuto per un'azienda cresciuta e gonfiatasi negli anni del monopolio e delle partecipazioni statali. Ma poi sono venuti i tempi della saturazione della telefonia di base e la necessità di ridurre personale con caratteristiche lontane dal forte sviluppo tecnologico, a cui l'automazione d'ufficio e l'avvento del digitale hanno dato un'ulteriore spinta.
L'indebitamento di Telecom Italia non è fra i maggiori in Europa ma non è stato fatto per investimenti. I nuovi azionisti intendono risolutamente affrontare questo problema e ciò può riproporre nuovamente la questione dei tagli, con risvolti più dolorosi: l'età media degli attuali dipendenti è infatti molto più bassa che nelle passate ristrutturazioni.
Il peso dei debiti per l'Opa e per il nuovo passaggio di proprietà, l'esigenza di non deludere il mercato e la platea degli azionisti, a cui Telecom pensa ancora di rivolgersi, potrebbero significare risvolti drammatici per i lavoratori di Telecom Italia.
Telecom Italia finora è riuscita a governare i cambiamenti con il consenso interno; ma oggi, oltre al fronte esterno della concorrenza sempre più agguerrita, specie dopo la liberalizzazione dell'ultimo miglio, riuscirebbe Telecom a sopportare anche un fronte interno di conflittualità pesante?
Il problema di Telecom Italia è semplicemente quello di ridurre gli organici. L'alternativa è riorientare il personale con un intenso lavoro di formazione e riconversione verso la clientela, che ora può scegliere. L'atteggiamento dello Stato verso questi eventuali processi di ristrutturazione dovrà essere solo di finanziare l'assistenza per i lavoratori espulsi? O dovrà premere affinché Telecom Italia riconverta, riqualifichi, utilizzi sgravi e fondi pubblici a questo fine?
In passato sono stati fatti e continuano a essere fatti molti errori, per esempio il fatto di sguarnire il territorio di presidi commerciali. Un esempio banale? Ieri la Telecom ha chiuso i suoi Posti Telefonici Pubblici perchè obsoleti e superati; oggi il Centro Telefonico Pubblico è il business di diverse società in franchising, che lo uniscono come Internet Point. Si chiudono negozi Telecom nei centri storici, ma l'esigenza che Telecom ascolti e parli con la sua clientela rimane ed è sempre più forte.
Sarebbe opportuno che l'Autority delle Comunicazioni si esprimesse in merito, visto che non è una semplice autorità antitrust, ma è e deve essere attenta alla valenza e all'impatto sociale dei processi di liberalizzazione e cambiamento nelle telecomunicazioni.
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