Il DDL sul riordino del sistema radiotelevisivo

Si corre verso il satellite, pronti al via! recita il disegno di legge. Ma siamo sicuri che i tempi siano così maturi?



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 08-02-2003]

Sappiamo che le frequenze nell'etere sono limitate; la scarsa incidenza delle comunicazioni via cavo nel nostro Paese lascia poi intendere che gli sforzi saranno incentrati sulle trasmissioni satellitari, e in effetti il ddl va in questa direzione. Parrebbe il caso di dire che il futuro della nostra tv si trova a 36 mila chilometri di distanza da terra.

L'esplicita apertura al passaggio alle tecnologie digitali di trasmissione contenuta nel Disegno di legge Gasparri trova nella salvaguardia del cosiddetto pluralismo la principale ragion d'essere. Sappiamo bene e da tempo che le frequenze disponibili nell'etere sono limitate, tant'è che è stata necessaria una razionalizzazione regolata da leggi dello Stato; la scarsa incidenza delle comunicazioni via cavo nel nostro Paese, solo adesso in fase di diffusione, lascia poi intendere che gli sforzi saranno incentrati per buona parte sulle trasmissioni satellitari e in effetti il ddl menzionato va in questa direzione. Parrebbe il caso di dire che il futuro, oltre che un certo qual presente, della nostra tv, si trova a 36 mila chilometri di distanza da terra.

Velocità innanzitutto

Partiamo, in maniera inconsueta ma non priva di una sua logica, dall'ultima parte del testo che presenta almeno un aspetto particolarmente interessante. Oltre al nuovo piano di assegnazione delle licenze indispensabili per trasmettere, sul quale avremo poi modo di tornare e alle indicazioni sulla trasformazione degli impianti, il punto più importante risulta essere la celerità con cui si intende effettuare il passaggio: al comma quattro dell'art. 22, Capo V (Disposizioni transitorie e finali e abrogazioni) si legge che attraverso incentivi per l'acquisto e il noleggio dei ricevitori si conta di raggiungere almeno il 40 per cento delle famiglie italiane entro il 31/12/2004 e almeno il 70 entro l'anno successivo.

Facciamo un po' di conti. Attualmente gli utenti di tv digitale coincidono grosso modo con i clienti delle due piattaforme Telepiù e Stream, cui va aggiunto un numero difficile da stabilire, ma relativamente esiguo, di fruitori di vecchi ricevitori analogici; complessivamente si conterebbero circa un milione e seicentomila ricevitori leciti, cui fino a qualche tempo fa bisognava obbligatoriamente aggiungere almeno lo stesso numero munito di schede "tarocche".

L'inasprimento della battaglia fra sistemisti e cracker sta producendo effetti ancora prematuri da valutare, ma se anche andassimo a sommare, il numero complessivo non sarebbe così elevato da far apparire tangibile l'obiettivo che il Ministero si prepone, a meno di incentivi particolarmente appetitosi.

I fattori che concorreranno all'aumento di clienti sono forse altri e ne elenchiamo solo un paio: da un lato, il potenziale ingresso di gruppi mediatici internazionali nel mercato italiano - tra gli altri, si vocifera che il gruppo Sky di Rupert Murdoch stia per entrare in Stream, cosa che potrebbe rilanciare l'intera piattaforma e prefissare obiettivi più elevati; dall'altro, il progressivo interessamento nei confronti del digitale satellitare da parte dei due colossi Rai e Mediaset potrebbe rappresentare un passo importante.

Mediaset e Rai affilano le armi

Mediaset ha già attivato un bouquet di canali tematici in chiaro fra cui annoveriamo Duel Tv, dedicato a film e telefilm d'azione e avventura, Comedy Life, con film, telefilm e fiction destinati perlopiù alla famiglia e MT Channel, incentrato completamente alla divulgazione scientifica.

Il fronte opposto risponde con un maggior numero di emittenti, più diversificate anche per i contenuti: Rai Edu Lab 1 e 2 hanno dei palinsesti dedicati al mondo Educational, con particolare attenzione alla scuola e alla formazione professionale e propongono due progetti di Tv on Demand con Mosaico e Rai a la Carte, Rai Sat Album propone registrazioni d'annata di spettacoli e performance di vario tipo, Rai Sat Cinema rispolvera vecchie pellicole da videoteca d'essai e così via.

In buona sostanza, le strategie di entrambi i gruppi sono volte ad una capitalizzazione tangibile dei materiali d'archivio, oltre che di film e telefilm sui quali ancora non sono decaduti i cosiddetti "diritti d'antenna"; le produzioni originali in senso stretto sono poche, perlopiù limitate nel caso della Rai all'informazione o a progetti quali RaiMed che sono però appena all'inizio.

E' però l'enorme interesse che la Rai sta dimostrando nei confronti delle nuove tecnologie, soprattutto in vista di un uso soddisfacente dello sterminato archivio di cui dispone e quello che Mediaset sarà presto costretta a tirar fuori per via dello spostamento forzoso di Retequattro nello spazio potrebbe rappresentare uno stimolo molto forte al mercato: in soldoni, all'ampliamento dell'offerta televisiva potrebbe conseguire quello della domanda.

Il condizionale è d'obbligo per due ragioni: innanzitutto perché, come i lettori delle nostre pagine sanno ormai bene, il concetto di pagare per una tv più varia si fa strada a fatica in un Paese in cui il motto "Io non pago il canone" viene ripetuto impudicamente anche davanti alle telecamere e la ricerca di schede craccate rappresenta lo sport nazionale di pari passo col calcio.

Secondariamente, entrambi i gruppi stanno vivendo un momento delicato: sulla Rai pende una perenne spada di Damocle politica che ne condiziona la vita e gli obiettivi strategici, con una rapida mutevolezza degli scenari (oggi si parla di privatizzazione e di public company, ma un cambio di legislatura potrebbe anche invertire la rotta) che rende quantomeno ardua un'analisi attendibile sul suo futuro.

La concorrenza dal canto suo vive una vita avventurosa per motivi sin troppo noti e rischia di pagare sulla propria pelle le traversie politiche - e giudiziarie, ma in minor parte - di Silvio Berlusconi. Nelle prossime puntate parleremo in maniera più ampia di questo aspetto specifico e di ciò che prescrive il ddl in materia.

L'incognita La7

Aggiungiamo doverosamente che anche Hmc, misteriosa sigla dietro la quale si trovano Telecom e Seat con La7 e il controllo di Mtv Italia, presto tenterà questa carta: si tratta di una volontà che è stata espressa dal gruppo in maniera esplicita e tutto sommato prevedibile.

E però La7, che oggi ha il 2,1 per cento medio giornaliero di share ed un fatturato di 200 miliardi di vecchie lire e non ha comunicato quanto destina o intende fare agli investimenti, è un'azienda che si pone l'obiettivo di raggiungere il pareggio in termini di margine operativo lordo alla fine del 2004: ciò significa che, a meno di eventi epocali tipo partnership prestigiose, non pensa certo di entrare da leone nell'arena.

D'altra parte, l'amministratore delegato Giuseppe Parrello ha spiegato in una recente intervista al CorrierEconomia che l'indice di concentrazione (la percentuale di pubblico raggiunto rispetto al tipo di pubblico scelto) dell'emittente è tra i più alti nel panorama delle tv nazionali, elemento questo molto indicativo sulle potenzialità delll'emittente; inoltre, il far parte di un gruppo integrato di comunicazioni di enorme caratura che comprende telefonia mobile, fissa, Internet con i portali Virgilio e SuperEva rappresenta una carta importante.

"Quello che sicuramente non faremo - ha detto Parrello a Edoardo Segantini del CorrierEconomia, dal cui ottimo articolo del 18 novembre scorso riprendiamo quanto segue - sarà seguire i modelli di tv digitale a pagamento inglese e spagnolo, perché quei modelli sono falliti. Noi resteremo una tv gratuita, basata sulla pubblicità. Ma per rendere questa pubblicità sempre più efficace e penetrante useremo tutte le potenzialità della tecnologia: dagli spot interattivi, all'approfondimento pubblicitario dentro i film, alla pubblicità informativa. Pensiamo anche a un'offerta di servizi aggiuntivi a pagamento: sempre però partendo dalla tv gratuita". La sfida è aperta e la voglia di giocarla c'è tutta.

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