Se non migliora l'offerta legale, la pirateria non sparirà mai.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 05-10-2014]
Sono ormai passati sei anni da quando Google ha inaugurato il proprio sistema per gestire le richieste di rimozione di materiale pirata provenienti dalle major, la cui attività è ben riassunta nel Transparency Report.
Partito in sordina, il sistema è diventato via via sempre più adoperato: nell'intero 2008 Google ha ricevuto poche decine di richieste, mentre oggi viaggia su una media di un milione di richieste al giorno.
Facendo i conti, il totale è abbastanza impressionante: nel complesso il motore di ricerca ha rimosso oltre 500 milioni di link dal proprio indice, e tale cifra continuerà a crescere a un ritmo che pare non conoscere rallentamenti.
Nella maggior parte dei casi si tratta di materiale che le varie case detentrici dei diritti o associazioni in difesa del diritto d'autore ritengono violi il copyright; non sono certo mancati, tuttavia, i falsi positivi causati spesso dall'utilizzo di sistemi automatici per individuare i contenuti sospetti.
Google riceve, esamina e decide se rimuovere o tenere; ogni tanto incappa in qualche errore (come quando ha rimosso l'home page di The Pirate Bay), ma generalmente poi rimedia.
Alla luce dei recenti sviluppi della situazione in Ucraina, si parla di embargo di generi alimentari, blocco di visti e congelamento di beni, tralasciando che molti software russi (per esempio un noto antivirus) sono installati su migliaia di Pc e che numerose società fanno disaster recovery e business continuity in Russia. Secondo te... | |||||||||
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I detentori dei diritti inondano il motore di richieste nella speranza di poter rimuovere tutto il rimovibile, e magari pensando che in una tale mole di link da eliminare si può riuscire a infilare anche qualche sito "scomodo" che non risponde esattamente ai requisiti per la rimozione ma si può ben nascondere in mezzo agli altri.
Eppure, nonostante tutta questa frenetica attività, le major non sono soddisfatte: ritengono che Google possa e debba fare di più. Anzi, per la BPI - sigla che riunisce l'industria musicale britannica - «Nonostante sappia perfettamente quali siti fungano da motore per la pirateria, Google continua ad aiutarli a costruire il loro giro d'affari illegale, regalando loro i primi posti nei risultati delle ricerche» ha dichiarato un rappresentante della BPI a TorrentFreak non molto tempo fa.
Google, dal canto proprio, vede la questione in modo diverso. Se tanta gente si rivolge alla pirateria - tempo fa ha già spiegato l'azienda - è perché l'offerta legale non è all'altezza di ciò che chiedono gli utenti; pertanto è inutile continuare a gareggiare nel rimuovere i link: occorre invece cambiare l'offerta.
«La pirateria spesso sorge quando la domanda dei consumatori non incontra un'offerta legittima. Servizi come Netflix, Spotify e iTunes hanno dimostrato che il modo migliore di combattere la pirateria è creando servizi legali che siano migliori e più convenienti. La giusta combinazione di prezzo, convenienza e ampiezza del catalogo può molto di più contro la pirateria di quanto possa fare la repressione» ha sostenuto un portavoce.
Sfortunatamente, le major non sembrano capirlo e, al crescente ritmo attuale, entro poco più di un anno i link spariti dall'indice di Google avranno superato il miliardo.
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