La Rete si indigna col social network e i suoi algoritmi crudeli.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 29-12-2014]
«È stato un anno meraviglioso. Grazie di aver contribuito a renderlo tale»: in questo periodo le bacheche Facebook di molti utenti si stanno riempiendo di post intitolati così, e che mostrano una selezione delle foto pubblicate durante l'anno.
È il frutto di una funzione offerta dal social network, chiamata Year in Review: seleziona automaticamente le fotografie più popolari e le assembla, proponendo il risultato al loro proprietario, il quale poi può decidere di condividerlo con gli amici (e un numero impressionante di gente lo fa).
Il sistema s'è però inceppato davanti a Eric Meyer, un blogger la cui figlia è morta per un tumore proprio durante quest'anno.
Meyer aveva condiviso una foto della bimba sul social network e gli amici, per esprimergli vicinanza, vi hanno apposto i loro Mi piace. Così però la foto è diventata "popolare" per Year in Review, che l'ha proposta a Meyer.
«Eric, ecco com'è stato il tuo anno!» ha annunciato giulivo Facebook, propinando al blogger un primo piano della figlia morta.
Si può immaginare la reazione del padre di fronte a una cosa del genere; eppure Meyer ha fatto una cosa che buona parte dei commentatori, una volta che la notizia della "gaffe di Facebook" s'è diffusa, non ha fatto: ha pensato.
«Mostrarmi il viso di Rebecca e dire "Ecco com'è stato il tuo anno!" è scioccante. Sembra proprio la cosa sbagliata da fare e, se venisse da una persona vera, sarebbe davvero la cosa sbagliata da fare. Ma dato che viene da un codice, è solo infelice. Sono problemi molto difficili. Non è facile insegnare a un programma a capire se una foto ha migliaia di Mi Piace perché fa ridere, perché è meravigliosa o perché è straziante. Gli algoritmi non pensano» ha scritto in un post non a caso intitolato «Crudeltà involontaria degli algoritmi».
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Meyer rileva che forse chi ha scritto l'algoritmo avrebbe potuto fare in modo che venisse chiesto agli utenti se volessero un riassunto del proprio anno, invece di farglielo apparire senza richiesta, ma non ha inveito contro Facebook, né contro gli sviluppatori.
Non ha cianciato di "gaffe clamorosa", non s'è inerpicato in riflessioni sui "freddi algoritmi che vogliono sostituirsi all'uomo", non ha insultato "programmatori che sono soltanto ragazzini di vent'anni e non hanno mai provato il dolore" come molti altri in Rete. Ha solo fatto notare che si sarebbe potuto sviluppare meglio quella funzione: «Non è difficile chiedere gentilmente - empateticamente - se è qualcosa che gli utenti vogliono. Se si fosse tenuto conto in fase di progettazione del peggior scenario possibile, probabilmente sarebbe successo» ha scritto nel blog.
Le reazioni scomposte in Internet hanno però continuato per la loro strada, tanto da spingere uno degli sviluppatori di Year in Review a scusarsi personalmente con Eric Meyer per quanto successo.
La vicenda ha acquisito tanta popolarità e i toni sono diventati tanto accesi - soprattutto contro gli sviluppatori di Facebook - che Meyer è tornato sulla questione con un secondo post, in cui afferma che non si aspettava tanta notorietà.
«La prima cosa che voglio dire è questa: devo al team di Year in Review in particolare, e a Facebook in generale, delle scuse. No, non sono loro le devono a me»: così Meyer ha aperto il post, sottolineando come l'email di scuse ricevuta fosse sincera. E, sapendo che l'incidente è stato fortuito, Meyer agli sviluppatori dice: «mi spiace molto di aver[vi] fatto precipitare Internet in testa proprio a Natale».
«Ciò che mi ha sorpreso e sconcertato sono stati i... chiamiamoli "poco caritatevoli" pregiudizi assunti verso le persone che hanno lavorato su Year in Review. "Che cosa ti aspetti da un mucchio di hipster privilegiati della Silicon Valley che non hanno mai conosciuto il dolore?" mi è parso essere il tenore generale dei commenti. No. Proprio no» ha scritto ancora Meyer, dando così una lezione a tutti i commentatori compulsivi e perennemente indignati che hanno banchettato sulla vicenda.
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