Steve Jobs era l'ultima icona della new economy, l'ultimo successo del mondo occidentale: per questo è già mito.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 07-10-2011]
Ci vorrebbe il grande semiologo Roland Barthes per comprendere come Steve Jobs sia entrato definitivamente, con la sua morte, nella mitologia del secondo ventennio dei Duemila.
Come l'Abbè Pierre o Che Guevara nel celebre libro barthiano Miti d'oggi erano le icone degli anni '70, così carichi di speranze e promesse di cambiamento politico e sociale, Steve Jobs lo diventa negli anni 2000.
Il mito passa dai suoi capelli radi sale e pepe, la barbetta, il girocollo nero, i jeans, la magrezza da guru, la lotta fino all'ultimo contro il male, l'uscita e il rientro alla guida della sua Apple, il continuo incitamento ai suoi dipendenti (ma anche a un'intera generazione di giovani) a scoprire ed esplorare sempre la Nuova Frontiera, così tipicamente americano anche nella lotta contro Bill Gates e la sua Microsoft, in cui l'ultima parola sembra averla avuta Steve con l'iPad.
Abbiamo bisogno di miti: il nostro tempo desacralizzato e disincantato ne ha sempre più bisogno. Ne ha bisogno soprattutto l'Occidente, alle prese con la più grande crisi economico-finanziaria dopo quella del '29; e ne ha bisogno la sua America, con i giovani che scendono in piazza, la crisi precoce del sogno di Obama e i cinesi che sembrano prendere il posto dell'impero americano (o meglio, riprendersi il posto che hanno sempre avuto prima dell'Impero Usa).
Per questo in questi giorni abbiamo pensato a lui, ci ha emozionato, intristito e fatto riflettere; perché ci piaccia o no, indignati o meno, siamo tutti figli di questo Occidente che ci ha dato Steve Jobs.
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