[ZEUS News - www.zeusnews.it - 02-12-2025]

Piracy Shield, il sistema italiano per il blocco dinamico dei contenuti pirata online, impone obblighi significativi sugli Internet Service Provider (ISP) nazionali. Sin dalla sua attivazione, gli operatori italiani hanno gestito l'intero carico tecnico e amministrativo del protocollo, inclusi gli adeguamenti infrastrutturali, gli interventi su DNS e indirizzi IP, e le verifiche continue per prevenire blocchi errati.
Tuttavia, senza alcuna forma di compensazione economica prevista dalla normativa iniziale, le associazioni di categoria hanno formalizzato una proposta per introdurre un meccanismo di ristoro stabile. L'Associazione Italiana Internet Provider (AIIP) insieme ad Asstel, AIITP, Anie e Assoprovider, propone l'istituzione di un fondo dedicato con una dotazione annua stimata in circa 9,5 milioni di euro da ripartire tra gli aderenti con una quota fissa per operatore e una variabile proporzionale al numero di linee attive, sia fisse che mobili.
Il sistema Piracy Shield si è concentrato inizialmente sul "pezzotto" calcistico; poi si è esteso a film, musica e serie TV, con oltre 300 operatori accreditati rispetto ai 60-70 previsti originariamente. Sviluppata dalla startup SP Tech su impulso della Lega Serie A, la piattaforma funge da archivio degli oscuramenti ma il lavoro effettivo avviene nelle reti degli ISP: manutenzione degli apparati, implementazione delle regole tecniche, partecipazione alle riunioni con AGCOM e gestione dei rischi legali derivanti da potenziali falsi positivi.
Questa asimmetria ha accentuato i costi, stimati cumulativamente in decine di milioni senza introiti per gli ISP, che non traggono benefici dalla lotta alla pirateria né ne sono responsabili. Le motivazioni della richiesta si basano su una valutazione dettagliata degli oneri sostenuti. Gli adeguamenti infrastrutturali includono l'aggiornamento di sistemi per il filtraggio dinamico, con investimenti in hardware e software per gestire picchi di segnalazioni: fino a migliaia al giorno durante gli eventi sportivi. La gestione operativa prevede personale tecnico dedicato per verificare la legittimità dei blocchi, evitando interruzioni su risorse lecite come siti legittimi o servizi cloud, già accadute.
Per esempio, un incidente di ottobre 2024 ha portato al blocco errato di Google Drive durante una partita; la causa è stata una segnalazione imprecisa di DAZN, con conseguenti disagi per milioni di utenti in ambito educativo e professionale. Casi simili, inclusi blocchi su cache di YouTube e IP di Cloudflare, hanno esposto gli ISP a rischi giuridici, con denunce da parte del Codacons e anche interrogazioni parlamentari.
La procedura attuale di gestione rimane manuale e automatizzata in parte: le segnalazioni arrivano sulla piattaforma AGCOM, che emette ticket agli ISP per bloccare IP, domini o app. Gli operatori devono confermare l'esecuzione entro breve, con sanzioni per inadempienza, ma senza supporto per i costi. Finora la piattaforma è stata finanziata parzialmente dalla Lega Serie A - con 66.000 euro per manutenzione nel 2024 - e da AGCOM, i cui budget per cloud e servizi sono saliti a 2,64 milioni di euro nel 2024, inclusi 256.000 euro per Piracy Shield. Tuttavia, questi fondi coprono solo l'infrastruttura centrale, non gli oneri diffusi sugli ISP.
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