Un sito fa causa a un ex collaboratore che ha cambiato il nome del proprio profilo su Twitter dopo essersi licenziato.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 28-12-2011]
Negli Stati Uniti è in corso una causa che può avere ricadute interessanti sul mondo dei social network, visto non solo dalla parte degli utenti ma anche da quella della aziende che li hanno considerati un ottimo sistema per scovare nuovi clienti.
Protagonista della vicenda è il blogger Noah Kravitz, che dal 2006 all'anno scorso ha lavorato per il sito PhoneDog pubblicando analisi sui cellulari.
Guadagnato un discreto seguito, ha anche aperto un account Twitter per conto di PhoneDog stesso (@PhoneDog_Noah) che nel tempo ha raccolto circa 17.000 followers.
Poi - più o meno un anno fa - Kravitz si è licenziato ma il rapporto con PhoneDog si è concluso bene, tanto che il sito gli ha chiesto di continuare ad aggiornare, di tanto in tanto, l'account Twitter con nuovo materiale; Kravitz ha accettato. L'articolo continua qui sotto.
Ed è qui che sono nati i problemi: PhoneDog si è accorto - apparentemente ora - che i vari followers seguono Noah Kravitz in quanto tale, e non perché è un ex dipendente di PhoneDog, anche perché il cambio di nome dell'account non rende più evidente il legame (ammesso che esista ancora). Insomma, il sito è convinto di non ricavarci niente e, anzi, di essere stato danneggiato dal comportamento del blogger.
L'account Twitter - sostiene il sito nella denuncia presentata presso una corte californiana - appartiene a PhoneDog, e così pur i followers, paragonati a una vera e propria "lista clienti" di cui Kravitz si sarebbe impossessato senza averne alcun diritto.
Tutto ciò si traduce in un'accusa di appropriazione indebita di segreti industriali e ostruzione agli introiti economici, peraltro quantificati al centesimo: l'azione di Kravitz avrebbe comportato un mancato incasso pari a 2,5 dollari mensili per ogni follower. Moltiplicato per otto mesi, fa 340.000 dollari (circa 260.000 euro).
La causa è ora in corso e la sua conclusione avrà ripercussioni interessanti per la giurisprudenza americana riguardo alla proprietà dei profili aziendali: se verrà data ragione a PhoneDog, apparterranno alle aziende e non ai singoli dipendenti che li gestiscono.
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