Le più alte montagne del mondo resistono al riscaldamento molto meglio di quanto si pensasse.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 13-02-2012]
È molto difficile trovare un argomento tanto controverso quanto quello evocato dalle parole "riscaldamento globale", "mutamenti climatici" e simili.
Uno studio, condotto da ricercatori dell'Università del Colorado guidati dal professor John Wahr e pubblicato su Nature, sta contribuendo a complicare ulteriormente il dibattito grazie ai dati ottenuti dai due satelliti GRACE.
In base ai risultati, infatti, è necessario rivedere le previsioni sinora ritenute attendibili circa lo scioglimento dei ghiacci.
I satelliti hanno potuto osservare e misurare le perdite di ghiaccio avvenute tra il 2003 e il 2010 nei ghiacciai mondiali (tranne la Groenlandia e l'Antartide) giungendo a scoprire che le stime precedenti erano esagerate.
I ghiacci si stanno dunque sciogliendo, ma meno rapidamente di quanto si pensasse: «i ghiacciai hanno perso massa al ritmo di 148 miliardi di tonnellate l'anno tra il 2003 e il 2010, contribuendo all'innalzamento del livello dei mari di 0,41 millimetri all'anno. Il ritmo tra il 2003 e il 2010 è inferiore del 30% rispetto alle stime».
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Il risultato più interessante è tuttavia quello ottenuto dalle analisi dei ghiacciai dell'Himalaya, tanto importanti poiché moltissime persone dipendono da loro per ottenere acqua dolce.
«Le montagne più alte dell'Asia mostrano una perdita di massa di 4 miliardi di tonnellate all'anno tra il 2003 e il 2010, contro i 47-55 miliardi di tonnellate l'anno precedentemente stimate» spiegano gli scienziati.
Ciò rende ancora più inverosimili le previsioni che volevano lo scioglimento completo dei ghiacciai himalayani entro il 2035, come sosteneva il rapporto compilato nel 2007 dall'Intergovernmental Panel on Climate Change: lo stesso IPCC ha affermato nel 2010 che la previsione non avrebbe dovuto essere inclusa, poiché frutto di un fraintendimento di una stima, fatta nel 1996 dall'UNESCO, che fissava lo scioglimento totale nel 2305, e che sarebbe stata riportata in maniera erronea; tuttavia, da allora molti ripetono lo stesso, inconsistente dato.
Gli estensori del rapporto dell'Università del Colorado propongono dunque cautela nel formulare ipotesi drastiche per un fenomeno che ancora non è compreso appieno, e consigliano invece di continuare a monitorare la situazione nella maniera più completa e dettagliata possibile, per poter intervenire nel caso in cui ci sia davvero bisogno.
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