Una donna paralizzata da 15 anni riesce a controllare un braccio robotico e a servirsi un caffé.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 17-05-2012]
Un gruppo di ricercatori - composto da medici, scienziati e ingegneri - ha ottenuto un risultato sino a qualche anno fa impensabile: consentire a una donna paralizzata da 15 anni di bere un caffé in autonomia.
Tale successo è frutto del lavoro svolto all'interno del progetto BrainGate, che dal 2004 svolge trial clinici su pazienti impossibilitati a muoversi.
Gli anni di lavoro hanno permesso di realizzare un chip (dotato di un centinaio di elettrodi) da impiantare nella corteccia motoria di due soggetti - un uomo di 66 anni e una donna di 58 - e di collegare il chip stesso a un computer, il quale a sua volta è connesso a un braccio robotico.
L'analisi dei segnali trasmessi dai neuroni al chip e un attento lavoro di calibrazione del software ha permesso alle due persone di riuscire a muovere il braccio semplicemente immaginando di farlo.
Per dimostrare il grado di controllo sul braccio, l'uomo e la donna si sono sottoposti a due esperimenti: il primo consisteva nell'afferrare delle sfere di gomma poste ad altezze diverse; il secondo, come dicevamo all'inizio, nell'impugnare una borraccia e vere un caffé.
Quanto ottenuto con il BrainGate System apre una strada certamente lunga ma promettente: «Vedere questo risultato, e soprattutto vedere il sorriso di una persona che finalmente riesce a compiere un'azione tante volte immaginata, ci ha dato un'emozione enorme. Si è trattato non solo di un traguardo personale e di gruppo, ma di un avanzamento significativo per tutto il campo delle interfacce cervello-macchina» ha detto Leigh Hochberg neurologo del Massachusetts General Hospital.
Gli scienziati ora hanno la prova del fatto che una paralisi anche dopo anni non porta alla "disattivazione" dei neuroni che controllano il movimento; per molto tempo, invece, s'era temuto che avvenisse proprio ciò.
I prossimi passi - che richiederanno lunghi anni di lavoro e studio - consisteranno nell'eliminare i fili e creare un sistema «che possa essere stabile per decenni».
L'obiettivo finale è duplice: da un lato, continuare sulla strada del controllo di arti robotici (un'opzione utile in caso l'arto originale per qualunque motivo venga perduto); dall'altro, utilizzare le conoscenze acquisiti per portare i segnali dal cervello ai muscoli quando gli arti ancora non sono presenti ma per qualche motivo le normali connessioni nervose non possono più essere utilizzate.
|
«L'obiettivo è creare il dispositivo migliore, quello capace di funzionare sempre, per la durata di una vita. Abbiamo ancora moltissimo lavoro da fare, ma sapere che è possibile ci rende piuttosto fiduciosi verso il futuro» conclude John Donoghue, direttore dell'Istituto di Scienze del Cervello della Brown University.
Se questo articolo ti è piaciuto e vuoi rimanere sempre informato con Zeus News
ti consigliamo di iscriverti alla Newsletter gratuita.
Inoltre puoi consigliare l'articolo utilizzando uno dei pulsanti qui
sotto, inserire un commento
(anche anonimo)
o segnalare un refuso.
© RIPRODUZIONE RISERVATA |
|
|
||
|
mda