''Le mie intenzioni erano buone''.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 22-08-2014]
Il nome di Ethan Zuckerman, con ogni probabilità, non dirà nulla ai più. Però tutti conoscono - e odiano - la sua creatura più famosa: il pop-up.
Oggigiorno, tutti i maggior browser integrano un sistema che blocca i pop-up, ma c'è stato un tempo in cui queste finestrelle sovrapposte erano diventate una specie incubo: poteva capitare, soprattutto visitando certi siti, di venire aggrediti da decine di pop-up strillanti pubblicità.
È proprio per questo che i browser hanno iniziato a integrare degli accorgimenti per evitare che un sito apra troppe finestre: gli utenti stavano rischiando l'esaurimento nervoso.
Ebbene, il responsabile di tanti accidenti tirati al computer è Ethan Zuckerman, il quale ha finalmente deciso di chiedere scusa per la sua invenzione con un lungo articolo sull'Atlantic.
Così come sir Tim Berners-Lee si è scusato per il doppio slash spiegando che al tempo sembrava una buona idea, Zuckerman afferma che le sue intenzioni erano buone.
Nel periodo in cui ha inventato il pop-up, Zuckerman lavorava per Tripod, una delle prime piattaforme di web hosting che era nata originariamente per fornire una sorta di social network primordiale ai neolaureati: stiamo parlando della seconda metà degli anni '90, quando Facebook non era nemmeno un'idea nella mente di Mark Zuckerberg.
Tra i vari sistemi per potersi finanziari testati da Tripod, l'unico a funzionare s'era dimostrato essere quello dei banner pubblicitari.
C'era però un problema: gli spot inseriti direttamente nella pagina preoccupavano gli inserzionisti: se lo spot appare in una pagina di cui non condivido il contenuto - ragionavano - l'utente assocerà comunque la mia attività a quel contenuto, che io lo voglia o no, e ne avrò un sicuro danno d'immagine.
Così chiesero un sistema per fare in modo che agli utenti fosse chiara la distinzione tra pubblicità e contenuto: siamo sempre negli anni '90, e gli algoritmi di Google che presentano spot in linea con le abitudini di navigazione non c'erano ancora; anzi, fu proprio Zuckerman a sviluppare i primi proprio per riuscire a fornire pubblicità più mirate.
Prima di arrivare a questi algoritmi, però, la soluzione elaborata da Ethan Zuckerman per venire incontro alle esigenze degli inserzionisti fu il pop-up: se la finestra si staglia nettamente sulla pagina - pensava - gli utenti capiranno che è una pubblicità separata dal contenuto e tutti saranno contenti.
«Mi dispiace. Le nostre intenzioni erano buone» scrive Zuckerman nel suo articolo, nel quale si lascia poi andare anche a un'altra riflessione.
L'unico modello di business che attualmente sembra continuare a funzionare nel web - scrive l'inventore del pop-up - è ancora quello pubblicitario. Solo che adesso ci sono tanti di quegli algoritmi di profilazione degli utenti, e tanti algoritmi così efficienti, che in realtà il problema si è spostato dal servire pubblicità mirate al comprare la privacy delle persone.
Nonostante le buone intenzioni di partenza, insomma, il sistema si sarebbe evoluto in qualcosa di «corrotto e corrosivo».
La soluzione, per Zuckerman, sarebbe un modello di web a pagamento, in cui ognuno paga per i contenuti che vuole vedere: «È arrivato il momento di cominciare a pagare per la privacy, di cominciare a supportare i servizi che amiamo».
È difficile tuttavia credere che gli utenti possano accettare di buon grado una rivoluzione del genere, che forse non è nemmeno nello spirito originario di Internet: i tentativi dei vari giornali online di mettere un paywall non si sono dimostrati molto fruttuosi.
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L'inventore del pop-up è un blogger ora pentito
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