Ma le major non si accontentano e vogliono il potere di manipolare i risultati delle ricerche.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 08-05-2015]
Anche se ormai le alternative legali non mancano, i siti che offrono materiale pirata non sembrano soffrire per nulla di cali di popolarità, per la disperazione delle major.
Queste cercano di fare il possibile affinché l'utente medio non riesca a trovarli, e uno dei mezzi preferiti è chiedere a Google di rimuovere dal proprio indice i link che rimandano a essi.
I link indicati come "pirati" sono così tanti - e a quanto pare in numero sempre crescente - che periodicamente viene stabilito un nuovo record.
Di recente è stata raggiunta una nuova pietra miliare: in una sola settimana, l'americana RIAA e la britannica BPI hanno richiesto la cancellazione di ben 200 milioni di collegamenti.
Per la precisione, la BPI ha indicato oltre 138 milioni di link e la RIAA ha contribuito con altri 63 milioni. Eppure, nessuna delle due è soddisfatta.
«Il fatto che la BPI e la RIAA abbiano fatto rimuovere da Google 200 milioni di risultati illegali dimostra soltanto quanto ancora resti da fare per ripulire le ricerche» ha dichiarato un portavoce dell'associazione britannica.
Pur avendo apprezzato le ultime modifiche apportate da Google al proprio algoritmo, con conseguente penalizzazione dei siti che ospitano materiale illegale, le associazioni chiedono che i siti ufficiali abbiano sempre la precedenza tra i risultati delle ricerche, così da evitare che vengano surclassati da eventuali nuovi arrivi pirata sulla scena.
«Se il mercato unico digitale potenzierà la crescita, bisogna poter dirigere i consumatori verso le fonti legali superando il mercato nero digitale» sostiene la BPI.
«Se Google non farà rapidamente progressi per assicurar che le ricerche di contenuti di intrattenimento mostrino una gran quantità di risultati legali - per esempio aumentando il rank dei siti che notoriamente dispongono delle licenze necessarie, in base al tipo di ricerca - allora il nuovo governo del Regno Unito e la Commissione Europea dovrebbero intervenire per far sì che ciò accada» conclude la BPI con una velata minaccia nei confronti dell'azienda di Mountain View.
Quest'ultima è decisamente restia a mettere mano al proprio sistema di ranking, forzandolo in maniera tale da dare la precedenza a certi siti, come vorrebbero le major: accondiscendere alla richiesta significherebbe snaturare un sistema che, almeno ufficialmente, basa l'assegnazione della popolarità unicamente su ciò che meglio soddisfa le esigenze degli utenti e ricava tale dato dalle ricerche stesse e dalla qualità dei siti, senza alcun intervento esterno.
Dar seguito alle istanze della BPI significherebbe quindi in sostanza truccare i risultati, costituirebbe un precedente pericoloso e sarebbe un brutto colpo per l'immagine di neutralità che Google vuol mantenere.
Ecco perché già qualche tempo fa l'azienda aveva commentato la proposta (che non è esattamente nuova) affermando che «La pirateria spesso sorge quando la domanda non incontra un'offerta adeguata. La giusta combinazione di prezzo, comodità e disponibilità farà molto di più per la riduzione della pirateria di quanto possa fare la coercizione».
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