Con i 1.666 licenziamenti della sede di Roma di Almaviva si chiude un'epoca. Sopravviveranno i call center?
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 30-12-2016]
I sindacati del settore parlano di 50.000 posti di lavoro a rischio in tutta Italia nel settore dei call center: i primi a partire sono i 1.666 licenziati di Almaviva a Roma. Chiude uno dei più grandi e più vecchi call center italiani, già di Atesia del gruppo Telecom Italia e poi ceduto ai fratelli Tripi e alla loro Cos che fondendosi con Finsiel, l'azienda informatica del gruppo Telecom, dette vita ad Almaviva.
Resistono gli 800 di Napoli che hanno accettato un accordo ponte; ma a marzo 2017 conosceranno la loro sorte. A Roma nel call center si è girato il video "Sante parole", documentario di interviste sulla vita degli operatori Almaviva e il film con Sabrina Ferilli "Il mondo deve sapere" ambientato in un call center.
Tim reinternalizza le attività un tempo affidate al call center di Almaviva, ma intanto trasferisce 500 suoi operatori dal call center 187 commerciale all'assistenza tecnica interna ed esterna. Inoltre sarà utilizzata maggiormente Telecontact (TCC), la società interna al gruppo Tim i cui operatori sono inquadrati a livelli inferiori di quelli della casa madre e non percepiscono le indennità degli operatori Tim e l'elemento retributivo aziendale.
La crisi è però generalizzata: anche Comdata, azienda piemontese di call center, applica i contratti di solidarietà; e così Teleperformance di Taranto, contratti di solidarietà con il ricatto del licenziamento.
Gli utenti telefonici italiani però non possono certo esultare: continueranno ad essere chiamati più volte al giorno per sentirsi offrire pay Tv e collegamenti in fibra ottica, ma lo faranno operatori rumeni o albanesi che costano meno di dieci euro all'ora, laureati e poliglotti.
La prima avvisaglia di questa crisi era stata la lotta disperata, per mesi e mesi, nel 2015 delle lavoratrici e dei lavoratori di "Time Up", una società che aveva gestito i servizi di call center delle Poste per anni e che aveva visto interrompere la commessa ed eliminati i posti di lavoro.
Intanto è arrivato il Jobs Act con più possibilità di controllare a distanza l'intera prestazione lavorativa minuto per minuto e la possibilità di licenziare i lavoratori "vecchi", tutelati dall'articolo 18 contro i licenziamenti senza giusta causa. Gli stessi lavoratori vengono poi abitualmente ri-assunti a fare lo stesso lavoro in nuove aziende, senza l'ombrello dell'articolo 18 e con il contratto a tutele crescenti: così è stato proposto da Almaviva ai sindacati durante la trattativa, ottenendo il rifiuto di questa soluzione.
Il settore dei call center per un decennio era diventato l'unica industria che dava occupazione in regioni come la Campania, la Calabria e la Sicilia; ma oggi sta rapidamente franando, anche dopo la fine dei generosi incentivi che le regioni del Sud avevano concesso ai call center nel loro territorio. E non erano mancati gli annessi scandali, come la bancarotta fraudolenta di Phonetica/Elitel, con recente processo conclusosi con condanne.
La crisi degli ordinativi, il calo dei consumi in una fase recessiva, la lotta al massimo ribasso per aggiudicarsi le commesse pubbliche dei numeri verdi delle amministrazioni locali e centrali, la diffusione di sistemi on line di vendita e assistenza, sono tutti elementi che hanno dato il colpo di grazia.
L'assistenza al cliente costa e anche questo è uno dei costi che le aziende vogliono tagliare e contenere, a scapito dei loro outsourcer e dei dipendenti di questi.
È difficile che l'industria dei call center in Italia sopravviva fino al 2020. Cosa ne sarà della "generazione call center"? Il "popolo con le cuffiette" intanto ha quasi 40 anni, ha messo su famiglia, fra una chiamata e l'altra nello stesso call center e magari ora sono in due ad aver perso il posto di lavoro.
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