Indymedia dissequestrata, ora tocca a Pino Scaccia

I dischi rigidi dei server di Indymedia sequestrati il 7 ottobre scorso sono stati restituiti, apparentemente intatti, a Rackspace il 13 ottobre. Intanto Pino Scaccia è stato colpito proprio in questi giorni da un esposto-denuncia perché qualcuno ha pubblicato, nel blog del giornalista, un commento che ha violato la privacy di un minore.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 15-10-2004]

Le esatte motivazioni del sequestro dei server di Indymedia restano tuttora ignote. Essendo il sequestro coperto dal segreto istruttorio, e' estremamente difficile avere dati certi che chiariscano i termini della situazione, e ragionare sulle ipotesi e' pericoloso. Per esempio, le foto di agenti svizzeri in borghese pubblicate da Indymedia, che molti hanno sospettato siano la causa del sequestro, sono al momento soltanto una motivazione ipotetica non confermata.

E' invece abbastanza assodato che il procedimento di sequestro è scaturito da un'indagine nata al fuori degli Stati Uniti e su richiesta delle autorità svizzere e italiane.

Qui la dichiarazione di Rackspace ("...an investigation that did not arise in the United States"), citata da The Register e la dichiarazione dell'FBI all'Agence France Presse: "The FBI acknowledged that a subpoena had been issued but said it was at the request of Italian and Swiss authorities. 'It is not an FBI operation,' FBI spokesman Joe Parris told AFP. 'Through a legal assistance treaty, the subpoena was on behalf of a third country.'"

Essendo il sequestro avvenuto in territorio inglese, la faccenda coinvolge sicuramente il Home Office (Ministero dell'Interno). Se il sequestro è avvenuto per acquisire prove da presentare in tribunale, gli atti dell'eventuale processo dovranno rivelare le modalità di acquisizione per confermare che siano legali e quindi ne sapremo qualcosa in più. Sono già state presentate interpellanze in proposito al Ministro dell'Interno David Blunkett. La risposta è attesa a breve, secondo The Register.

Punto Informatico ha appena pubblicato che la richiesta di sequestro ha origini italiane.

Indymedia dichiara che "La pm Marina Plazzi che indaga sulla FAI e sui pacchi bomba a Prodi aveva chiesto l'acquisizione di alcune informazioni su notizie passate su indymedia" e che "questo ordine e' stato interpretato in senso quantomai estensivo da parte dell'FBI che ha proceduto a un sequestro vero e proprio, un eccesso molto grave, che non e' stato ovviamente convalidato".

Con buona pace di chi era saltato subito alla conclusione che i "cattivi" erano gli americani.

Il caso Indymedia è importante perché ha delle conseguenze per chiunque pubblichi qualcosa su Internet: dalle testate "istituzionali" fino all'ultimo dei blogger.

Infatti si possono condividere o meno le idee di Indymedia, ma resta il fatto che è stata oscurata una testata giornalistica (sì, Indymedia è una testata giornalistica, perché in moltissimi paesi fare giornalismo è un diritto automatico e non richiede una tessera dell'Ordine). Ed e' stata oscurata senza che vi fossero necessità tecniche: se le autorità avessero voluto i dati dei dischi, avrebbero potuto copiarli senza rimuoverli, come da prassi giuridicamente consolidata, e senza neppure farlo sapere a Indymedia.

Inoltre l'oscuramento è avvenuto senza dare alcuna giustificazione e anzi dando ordine a Rackspace di non discuterne i dettagli con la testata stessa, secondo la prassi vigente in Inghilterra. Indymedia, quindi, non sa di cosa è accusata. Quali che siano i motivi più o meno validi dell'azione di sequestro, è una situazione più acconcia a un regime totalitario che alla teoricamente civile Europa.

Ma che c'entra Pino Scaccia, il giornalista RAI? C'entra perché c'è un parallelo interessante. Scaccia, infatti, è stato colpito proprio in questi giorni da un esposto-denuncia perché qualcuno ha pubblicato, nel blog del giornalista, un commento che ha violato la privacy di un minore.

A un giornalista RAI viene dunque contestata una violazione per molti versi analoga a quella contestata, perlomeno in via informale, a Indymedia (anche le foto degli agenti, infatti, non erano state pubblicate direttamente dai gestori di Indymedia, ma facevano parte di un commento di un partecipante a un forum).

Scaccia non rischia il sequestro degli hard disk per una settimana, ma la punizione e l'espulsione dall'Ordine dei Giornalisti. Rischia il posto di lavoro, gestito con correttezza per trent'anni, per una cosa che non ha scritto lui, ma è stata affissa da un lettore anonimo.

Anche per Pino Scaccia dovrebbero esserci sviluppi a breve: l'udienza si tiene oggi (venerdì). La notizia e' riportata da Punto Informatico e commentata nel blog di Scaccia.

In entrambi i casi, sembra che si stia stabilendo un principio molto pericoloso: chi gestisce un sito che ospita commenti pubblicati dai lettori risponde in prima persona per quei commenti. E' come se i condomini fossero responsabili per gli insulti scarabocchiati sui muri del condominio da vandali con le bombolette.

Viene spontaneo chiedersi, a questo punto, che cosa succede se qualche malintenzionato scrive frasi ingiuriose o lesive della privacy nei commenti di siti come Zeus News o Punto Informatico, o nei forum della Rai, o in un blog. Di fronte a episodi come questi, molti responsabili di siti d'informazione e blog potrebbero sentirsi in dovere di spegnere per prudenza le aree di discussione e commento, con grave danno per la libertà di comunicazione in Rete. E così i casi di Indymedia e di Pino Scaccia, apparentemente così lontani, finirebbero per toccare ognuno di noi.

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Paolo Attivissimo

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Distribuzione libera, purché sia inclusa la presente dicitura.

Commenti all'articolo (2)

Ireneo
Ma che bella situazione! Leggi tutto
21-10-2004 14:54

egosumquisum
moderazione Leggi tutto
20-10-2004 09:08

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