I lavoratori dei call center voteranno se accettare o meno la registrazione e il controllo delle telefonate.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 03-12-2014]
Telecom Italia sarà il primo banco di prova delle novità introdotte dal Jobs Act di Renzi e della conseguente divisione fra organizzazione sindacali.
Infatti entro il 20 dicembre i lavoratori di Caring Services di Telecom Italia (la divisione che raggruppa tutti i call center che svolgono servizio per la clientela, dal 187 al 119, passando per 191 e numeri verdi per le imprese) dovranno esprimersi in un referendum sindacale che vede da una parte Slc-Cgil contraria e dall'altra Fistel-Cisl e Uilcom-Uil favorevoli.
Il referendum è su una proposta complessiva di riorganizzazione del settore interno dei call center di Telecom Italia: da una parte l'ex monopolista rinuncerebbe a societarizzare i call center, cioè a separarli dal resto di Telecom; almeno fino al 2017, poi questa ipotesi potrebbe essere ripresa in considerazione.
La societarizzazione potrebbe comportare una perdita economica intorno ai 360 euro in busta paga per ogni lavoratore: questo è l'importo medio dell'elemento integrativo aziendale, che però percepiscono solo i lavoratori assunti prima del 1998.
Questa però è più che altro una minaccia: infatti la legge non permette la riduzione degli stipendi nemmeno in caso di demansionamento; un'eventuale separazione dei call center porrebbe piuttosto questi dipendenti in una posizione di maggiore debolezza contrattuale rispetto al resto dei lavoratori.
La nuova azienda avrebbe infatti un budget separato e limitato rispetto a Telecom Italia.
In cambio della rinuncia alla separazione dei call center dal resto dell'azienda, Telecom adotterebbe un sistema di registrazione delle chiamate - in parte già in atto - per controllare e valutare periodicamente il comportamento dell'operatore, con il fine (sostiene) di addestrarlo.
In sostanza sarebbe quel "controllo a distanza", individuale e non, per gruppi di operatori, come avviene già adesso, effettuato in maniera sistematica e automatizzata.
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Oggi il controllo è affidato ai team leader o supervisor, che ascoltano le conversazioni dell'operatore una tantum, mensilmente, per una o due ore o anche di più; con le nuove regole l'ascolto e la registrazione sarebbero continui e il controllo dei risultati diverrebbe individuale, non più di gruppo.
Telecom Italia si impegnerebbe comunque a non utilizzare il sistema a fini disciplinari e nemmeno per attribuire premi salariali. Inoltre, prima dell'avvio a regime della procedura, l'azienda chiederà un parere all'authority per la privacy per quanto riguarda l'aspetto di conservazione e di catalogazione dei dati dei clienti, che dovrebbero rimanere anonimi e utilizzati solo in modo aggregato per statistiche commerciali.
Secondo la Cgil l'accordo è eccessivo e si dovrebbero avere ancora maggiori garanzie che non si possa utilizzare il controllo per punire e discriminare gli operatori; la Cisl e la Uil sarebbero più propensi ad accettarlo, per evitare lo scorporo dei call center da Telecom.
Entro il 20 dicembre, prima di Natale, i lavoratori dovranno esprimersi con un referendum che sostanzialmente riporterebbe i controlli individuali a prima del 1971, quando con l'introduzione dello Statuto dei Lavoratori, i controlli individuali sistematici e con registrazione nell'allora Sip, antesignana di Telecom Italia, vennero eliminati e sostituti con controlli collettivi o del supervisor tramite affiancamento sul posto di lavoro.
La Cgil ritiene che un referendum del genere, fatto sotto il ricatto dell'azienda di separare i call center dalla Rete sia sbagliato come principio e invita i lavoratori ad astenersi dal referendum.
Il referendum invece è fortemente sponsorizzato da Telecom Italia, che ha chiesto ai propri dirigenti di tenere riunioni con tutto il personale per illustrare i contenuti dell'accordo e sostenerne le ragioni. Anche questa è una novità assoluta all'interno di Telecom, che sceglie di scontrarsi direttamente con la Cgil.
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