Gli utenti esclusi da Netflix stanno tornando alla pirateria. Una petizione per far cambiare idea al colosso dello streaming.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 29-02-2016]
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Netflix, stretta su VPN e proxy
Il blocco delle VPN da parte di Netflix, annunciato a metà gennaio, sta iniziando a dare i suoi frutti: graditi a Netflix, molto meno agli utenti.
Molti segnalano infatti che è ormai diventato impossibile accedere ai contenuti di Netflix da Paesi diversi dal proprio, una restrizione per avere la quale le case cinematografiche hanno esercitato molte pressioni.
Poco importa che ci siano utenti che adoperano le VPN per proteggere la propria privacy, e non per accedere ai contenuti disponibili in altri Paesi: Netflix non discrimina, e blocca tutti i servizi di rete priva virtuale allo stesso modo.
È chiaro che questo comportamento, che ancora non ha coinvolto la totalità degli utenti, ha già scatenato diverse proteste, anche molto accese.
C'è anche chi segnala casi di malfunzionamento, con utenti che vengono bloccati anche se non stanno usando una VPN, e vi sono persone che hanno preferito abbandonare Netflix in toto non volendo sottostare alla nuova politica. Qualcuno, ha lasciato capire che tornerà a dedicarsi alla pirateria cinematografica.
Per unire tutte le proteste in un'unica voce OpenMedia, organizzazione che si occupa di "diritti digitali", ha avviato una petizione online con la quale si chiede a Netflix di tornare sui suoi passi.
Il punto nodale è il danno che la decisione di Netflix comporta per la privacy. «La riservatezza è una priorità enorme per noi, in quanto organizzazione dedita alla difesa dei diritti digitali, e le VPN sono probabilmente il modo più semplice per gli utenti medi di Internet di proteggere le proprie attività online» afferma un portavoce di OpenMedia.
«Dato che una grandissima percentuale della popolazione usa Netflix» - continua il portavoce - «se tutti fossero obbligati a smettere di usare le VPN ci troveremmo di fronte a un enorme ostacolo per la privacy».
Conscia delle motivazione che hanno spinto Netflix a prendere quella decisione, OpenMedia propone una alternativa: anziché bandire gli utenti che fanno uso di VPN, introdurre delle restrizioni basate sull'origine delle carte di credito dei singoli utenti.
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Netflix, dal canto proprio, non sembra particolarmente preoccupata, neanche dagli utenti che hanno lasciato i suoi servizi poiché, tutto sommato, si tratta di una ristretta minoranza.
Inoltre, secondo il colosso dello streaming, un giorno le restrizioni geografiche saranno un ricordo del passato e tutti i contenuti saranno offerti in tutti i Paesi del mondo, senza differenze. Si tratta soltanto - sostiene Netflix - di portare pazienza fino a che anche a Hollywood capiranno l'illogicità delle restrizioni geografiche.
Chiunque consideri la situazione - tranne gli uomini della major - vede da sé che con l'abolizione delle restrizioni e la possibilità per tutti di accedere ai contenuti in modo legale e pagando un canone accettabile ci sarebbero vantaggi sia per gli utenti che per i produttori.
Di questo avviso è anche Rick Falkvinge, fondatore del Partito Pirata svedese, il quale senza mezzi termine afferma che i signori di Hollywood col loro comportamento «si stanno sparando sui piedi, e ricaricano pure».
La sostanza è che l'eliminazione delle VPN non serve a combattere la pirateria: anzi, la favorisce. In pratica, Netflix (insieme a chi l'ha costretta a comportarsi così, ossia i detentori dei diritti) sta favorendo una pratica illegale.
Ma Falkvinge ricorda anche un altro punto importante: quella delle major è una battaglia persa già da molto tempo.
Lo sviluppo della tecnologia è arrivato a un punto tale che, con un minimo 32 o 64 Gbyte di memoria in ogni smartphone, è banale portare con sé grandi quantità di musica e condividerle con facilità: basta scambiarsi i file via Bluetooth, o al limite passarsi le schede di memoria.
Volendo, usando il protocollo Bluetooth 4 basterebbe poco per dare vita a una rete mesh per la condivisione dei contenuti multimediali presenti su smartphone e tablet, realizzando un sistema dal quale sarebbe virtualmente impossibile risalire ai condivisori.
«Prima di Internet» - scrive Falkvinge - «quando le copie si facevano sui floppy e si andava a casa degli amici per fare delle copie, ci volevano tre giorni - 72 ore - perché qualcosa di desiderabile raggiungesse tutti coloro che lo volevano»: già allora la battaglia del copyright era persa. L'intestardirsi dei grandi produttori è, per il pirata svedese, sintomo di una cecità poco intelligente, destinata a non avere successo.
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