Passaporti, patenti e documenti di identità di cittadini incensurati, compresi gli stranieri.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 21-06-2016]
Avremo visto tutti quei film o telefilm in cui la foto di un sospettato viene inserita nel computer e passata al riconoscimento facciale, che confronta i dati biometrici dell'immagine con quelli immagazzinati in un database, immancabilmente trovando una corrispondenza (a meno che le esigenze di trama non dettino altrimenti).
La realtà non è poi tanto diversa da quanto si vede nella finzione. L'ultimo rapporto dello statunitense Government Accountability Office (GAO) afferma infatti che nel database dell'FBI ci sono ben 411,9 milioni di immagini.
Poco male - si potrebbe pensare - per noi italiani: saranno facce di criminali, o comunque di americani.
Sarebbe un errore: sebbene certamente molte immagini si riferiscano alla medesima persona, facendo quindi calare il numero degli individui i cui dati sono presenti nel database dell'FBI, le foto non ritraggono solo criminali.
Accanto a 30 milioni di foto segnaletiche ci sono infatti le foto delle patenti dei cittadini di 16 Stati degli USA, oltre alle immagini dei volti ritratti sui passaporti e sui visti emessi dal Dipartimento di Stato, nonché quelli presenti nel database biometrico del Dipartimento della Difesa.
Diventa quindi evidente che nel database non ci sono soltanto foto di criminali: molti dati sono stati raccolti senza che sia stata violata una legge o ci sia stata una minaccia per la sicurezza nazionale. Sostanzialmente, quelle foto riguardano cittadini americani incensurati. Né mancano le foto dei volti di cittadini stranieri che per un motivo o per l'altro hanno visitato gli USA.
Quello relativo alla privacy è però solamente il primo dei problemi che questo enorme database presenta. Come sottolinea la Electronic Frontier Foundation, forse più serio ancora è il problema dei falsi positivi.
Il riconoscimento facciale è infatti tutt'altro che infallibile. Per ogni immagine sottoposta al sistema raramente viene indicata una sola identità: per lo più viene restituita una lista di possibili identificazioni, da un minimo di due a un massimo di 50.
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In pratica, foto di persone innocenti vengono segnalate agli investigatori dell'FBI come possibili riscontri per l'identità del sospettato e, nel dubbio, gli investigatori trattano queste persone come possibili colpevoli.
Di qui, la preoccupazione della EFF che l'interno sistema «mini alla base la tradizionale presunzione d'innocenza, spostando sull'accusato l'onere di dimostrare che egli non è chi il sistema sostiene che egli sia». È una possibilità che diventa anche più concreta quando il sistema restituisce un'unica identità, ma sbagliata.
Ciò porta poi a uno spreco di risorse: mentre gli investigatori sono impegnati a scartare tutti gli innocenti segnalati dal sistema, i veri colpevoli possono avere il tempo di farla franca.
Ecco perché il GAO stesso appone al proprio rapporto un sottotitolo significativo: «L'FBI dovrebbe assicurare maggiori privacy e precisione». In gioco ci sono i diritti civili dei cittadini.
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