Trump finisce sotto accusa per aver tolto la tutela legale ai social. Ma i democratici già volevano la stessa cosa.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 30-05-2020]
Trump si irrita perché Twitter - il suo social network preferito, dove addirittura annuncia in anticipo decisioni della massima importanza in materia di politica internazionale - ha chiesto di verificare le sue dichiarazioni in materia di voto postale.
Per questo motivo, dopo aver addirittura minacciato la chiusura dei social, che sono una delle industrie statunitensi più redditizie e di successo degli ultimi anni, emana un decreto che rende responsabili legalmente tali piattaforme per i post e i commenti degli utenti.
Si tratta di un decreto, deciso in modo repentino e senza passare dal Congresso Usa, che cambia i termini della questione della libertà nel web. O, almeno, cambia il modo in cui la si è intesa finora negli Stati Uniti, perché in Europa e anche in Italia la non responsabilità legale delle piattaforme social (o dei gestori di forum e siti dove gli utenti possono inserire commenti) non è mai stata così acquisita e scontata.
Paradossalmente finora gli esperti di comunicazione politica online e gli stessi commentatori politici erano stati unanimi nell'attribuire la scalata di Trump fino alla presidenza a un forte e spregiudicato uso dei social, capace di mobilitare come mai la maggioranza silenziosa conservatrice dell'America profonda, accendendo però anche sentimenti poco nobili come il razzismo, l'omofobia, l'antifemminismo, la xenofobia, l'odio verso gli avversari politici.
Per questo motivo, dopo la sua elezione molti esponenti democratici avevano chiesto leggi severe e regole più rigide che mettessero al bando post e commenti di tenore razzistico e violento o diffamatorio nei confronti degli avversari politici.
Trump aveva sempre replicato a queste richieste dei Democratici tacciandole di essere illiberali e discriminatorie.
Oggi è lo stesso presidente Trump, alla vigilia di una campagna elettorale che si annuncia molto combattuta, a fare sue queste proposte.
Tutto ciò avviene mentre viene prorogata la legislazione del Patriot Act, che permette la più ampia possibilità di intercettare email, chat e telefonate negli Usa e all'estero di cittadini americani e stranieri, e Julian Assange è ancora rinchiuso in una cella.
E nel frattempo lo stesso Trump accusa la Cina di strozzare la libertà di espressione a Hong Kong, cosa purtroppo vera, ma perde di credibilità per il pulpito da cui proviene l'accusa.
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