Se il blogger è un giornalista

Dalla vertenza legale per uso improprio di un marchio registrato ad una interpretazione che farà discutere e rischia di far testo nel diritto d'oltre oceano. Sperando che non sbarchi anche in casa nostra.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 13-11-2007]

blog

Un certo Daniel Philips si è visto citare in giudizio da D. Schmidt in rappresentanza di Bidzirk, con l'accusa di aver inserito il logo della socità sul suo blog nonché di altre simili e concorrenti "nefandezze".

La difesa di Philips invece non solo ha rivendicato il diritto di scrivere su quanto di pubblico dominio, ma ha anche fatto riferimento al Freedom of Information Act, cioè quella norma del diritto statunitense che prevede il diritto per il giornalista di pubblicare in pratica qualsiasi cosa senza che si possa opporre riservatezza, violazione di privacy e via discorrendo, purché nella specie si tratti di persone o fatti in qualche modo "pubblici".

La cosa deve aver posto in grave imbarazzo il magistrato, che da ultimo ha deciso di ricorrere all'analisi di quanto pubblicato dal blogger per riscontrare se avesse o no i requisiti richiesti dal legislatore per il superamento degli interessi privati; cioè se il parto di Philips avesse o no contenuti "giornalistici".

Evidentemente la decisione deve essere stata favorevole, poiché chi ha iniziato la controversia è stato condannato a pagare danni e spese; tuttavia il fatto sarebbe senza storia se non inducesse a qualche riflessione sulle cose recenti di casa nostra.

Innanzi tutto c'è da dire che, in in Paese in cui certi giornalisti, pochi (per fortuna) magistrati e quasi tutti i politici si dedicano a tempo pieno allo sberleffo, alle recriminazioni o all'insulto più o meno mascherato, la questione dei blog e della loro sopravvivenza è essenziale; e tanto più è essenziale quanto più ci si affanna a irreggimentarli o a combatterli per costringerli al silenzio.

"Fare" un blog - almeno da noi - può essere o non essere giornalismo, ma sicuramente è espressione libera di chi è al di fuori delle "caste" e non ha altrimenti voce in capitolo su quel che succede e su quel che vorrebbe invece avvenisse.

Perciò l'idea di mettere dapprima la mordacchia ai blogger col pretendere l'iscrizione a un albo (o a un elenco, che fa lo stesso) e successivamente di comunque ridurre l'habitat dei medesimi mediante tassazione, la dice lunga sul fastidio che danno le voci inconsuetamente fuori dal coro.

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