Nata come protesta pacifica, la pagina ha finito con ospitare incitamenti alla violenza e all'odio.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 30-03-2011]
Lo scorso 23 marzo Yuli Edelstein, ministro per le questioni della diaspora, ha scritto a Mark Zuckerberg.
La lettera, pubblicata sul sito The Jerusalem Gift Shop, chiedeva la rimozione della pagina di Facebook titolata Third Palestinian Intifada.
"In questa pagina" - spiegava il ministro - "ci sono diversi post e spezzoni di film che incitano all'uccisione di israeliani ed ebrei e la "liberazione" di Gerusalemme e della Palestina tramite atti di violenza".
All'inizio Facebook ha risposto tramite la propria portavoce Debbie Frost, spiegando che "in genere non togliamo contenuti, gruppi o pagine che si esprimono contro nazioni, religioni, entità politiche o idee".
Dopo aver eliminato la Third Palestinian Intifada, il social network ha spiegato i propri motivi: nata come protesta pacifica, seppure "utilizzando un termine in passato associato alla violenza", la pagina è diventata uno spazio in cui non si contavano più gli incitamenti alla violenza.
Anche gli amministratori, che inizialmente rimuovevano i commenti estremi, alla fine hanno iniziato a partecipare agli inviti ad azioni violente: ciò ha portato Facebook dapprima a inviare degli avvertimenti e infine a sospendere la pagina.
Da allora, com'era prevedibile, altre pagine ispirate a quella sono apparse sul social network, ma nessuna ha mai raggiunto la popolarità di quella originaria.
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