Sulla Rete molti criticano una frase di Romano Prodi che avrebbe detto che il Paese non si salverà attraverso Internet.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 05-02-2005]
Romano Prodi, candidato in pectore alle prossime elezioni politiche del 2006 per succedere a Silvio Berlusconi, in quota centrosinistra è molto criticato in queste ore sulla Rete italiana, almeno nei blog più frequentati e che fanno tendenza.
Il motivo? Romano Prodi, parlando al Congresso Nazionale dei Ds, avrebbe detto: "Tornare a puntare sull'industria, senza credere a chi dice che la crescita del Paese è affidata ai servizi, alla finanza, a Internet".
Questo ha suscitato le critiche di alcuni noti opinionisti, tra cui Beppe Caravita, Luca De Biase, Massimo Mantellini, sia pure con argomentazioni e sfumature diverse.
E' così? Da una parte è difficile dare torto a Prodi, quando è d'accordo con Luca Di Montezemolo e Andrea Pininfarina, esponenti di primo piano dell'industria italiana, e Gugliemo Epifani e Savino Pezzotta, dirigenti dei sindacati, che l'industria italiana sembra avviata su un declino inesorabile ed allarmante.
Le principali imprese industriali italiane sembrano aver abbandonato i loro business di riferimento per dedicarsi ai servizi, spesso in monopolio o quasi. Pensiamo alla Pirelli che vende i cavi per dedicarsi solo alla telefonia, alla Fiat che si è buttata sull'elettricità e non sappiamo ancora se, tra qualche mese, continuerà a costruire automobili; pensiamo alla Benetton che gestisce autostrade o alla De Agostini che abbandona progressivamente l'editoria per le assicurazioni e la Lottomatica.
E la Finanza? Dai Bond argentini, a Cirio, Parmalat, Bipop-Carire, Finmatica, l'Opa Telecom Italia e la recente fusione, poi Seat, Tiscali e Freedomland. Quante operazioni finanziarie che hanno bruciato risorse enormi, che hanno impoverito milioni di italiani e ne hanno arricchito a dismisura qualche migliaio, che hanno trasferito pezzi importanti di potere e ricchezza all'estero, che hanno penalizzato gravemente occupazione, innovazione e rcchezza.
Internet però cosa c'entra? Non è pacifico, da tempo, che la fine della bolla speculativa abbia fatto pulizia di imbroglioni o poveri illusi che trasformavano in oro il nulla solo grazie a un punto-com. Non è uccidere un'Internet già morta? Quella fasulla e spettacolare, non quella viva e vegeta dei network sociali di cui parla De Biase o quella del grande boom del software libero di cui parla Caravita.
Credo che Prodi potrebbe essere d'accordo su questo; d'altra parte uno dei consiglieri di Prodi pronti ad imbarcarsi nella sua nuova avventura politica potrebbe essere Pasquale Pistorio, che oggi lascia la carica di Ad della Sgs che ha trasformato un pezzo della provincia di Catania in quella Silicon Valley italiana, con i suoi microprocessori; vorremmo che facesse da modello per tante Silicon Valley e che oggi dà lavoro alla quasi totalità dei giovani siciliani che escono dalle facoltà di ingegneria. Un altro dei suo consiglieri forse sarà Andrea Granelli, già fondatore di Tin.it. Se è d'accordo però lo dica, chiaramente e presto, magari anche attraverso il suo sito Governareper.it, che ha lanciato per ricevere contributi sul programma.
Dica Prodi chiaramente che punta sull'Open Source, che punta sull'e-government, che si impegnerà di più sul telelavoro per ridurre i problemi dei trasporti, del traffico e dell'inquinamento, che vuole abbandonare la strada della criminalizzazione del P2P che ha imboccato Urbani, che è pronto ad affrontare la sfida della banda larga per tutti, con tariffe accessibili a tutti, senza subire il peso di nuovi vecchi monopoli come quello di Telecom Italia.
Lo dica forte e chiaro, professor Prodi; presto, prima di perdere e far perdere all'Italia ancora troppe occasioni.
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