Le contraddizioni di un provvedimento del Garante Privacy, che vorrebbe obbligare i siti web a cancellare i nomi delle persone dopo un certo periodo. Per lo meno agli occhi dei motori di ricerca.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 06-04-2009]
Il Garante per la protezione dei dati personali torna a occuparsi del diritto all'oblio, ossia il diritto dei protagonisti di alcuni fatti diventati noti (soprattutto eventi criminosi) a essere dimenticati: quando il fatto non è più d'attualità, tutti i nomi devono scomparire.
Il punto nodale della questione è ora rappresentato dai motori di ricerca e da Google in particolare. Con l'avvento di Internet praticamente nulla viene dimenticato: tutto resta negli archivi, gli spider indicizzano ogni pagina che trovano e le informazioni relative ai protagonisti (in positivo o in negativo) delle varie vicende sono sempre rintracciabili.
Basta digitare un nome nella casella di ricerca e tra i risultati appaiono notizie relative ad avvenimenti accaduti anche molti anni prima. L'apertura degli archivi giornalistici a Google e agli altri motori, poi, rende facilmente consultabile materiale relativo a decenni fa.
Il Garante vorrebbe porre fine a tutto ciò, ma si scontra con la natura stessa del Web, nato per condividere le informazioni, e dei motori di ricerca: il loro scopo è proprio raccogliere qualunque dato, così che sia facile da trovare in un qualunque momento successivo all'indicizzazione.
Le soluzioni proposte dal Garante vanno in due direzioni: da un lato, obbligare i giornali a mettere a disposizione dei motori di ricerca solo versioni dei vecchi articoli (in archivio) epurate dei dati sensibili. Così la vicenda sarà ancora disponibile, ma senza il riferimento diretto alle persone coinvolte.
Dall'altro lato, i giornali potranno conservare le versioni complete degli articoli, ma queste dovranno essere raggiungibili solo tramite il motore di ricerca interno, non tramite quelli generici.
In pratica, invece di consultare un'unica fonte (per esempio Google) che aggrega le altre bisognerà consultarle tutte, una alla volta: tutti i motori di ricerca di tutti i giornali online.
Così il Garante crede di poter salvare capra e cavoli: l'integrità della memoria storica (con l'annessa libertà di ricerca e i relativi diritto allo studio e diritto all'informazione) e la tutela degli interessati.
In realtà, con questo provvedimento si apre un'era di incertezza e di faticoso lavoro burocratico. Intanto bisognerà istruire Google e compagni a non indicizzare completamente un sito ma solo le parti che si possono rendere pubbliche (il primo suggerimento è l'uso del file robots.txt).
Quali possono esser le soluzioni? Ne abbiamo ipotizzato una. Per gli articoli già esistenti, occorrerà approntare due versioni: una "ripulita", e accessibile dai motori generici, e una integrale, accessibile solo dal motore interno.
Per gli articoli ancora da pubblicare, invece, gli editori dovranno valutare di volta in volta se la vicenda contenga dati personali da far sparire quando gli avvenimenti non saranno più d'attualità e, nel caso, preparare le due versioni. Sperando che il Garante la pensi come l'editore.
Google - o chi per esso - dovrà poi eliminare dai propri archivi la versione completa (indicizzata quando il fatto era d'attualità) e sostituirla con quella ripulita, pubblicata dopo un certo lasso di tempo.
Non sembra che il Garante si renda conto di quanto sta chiedendo a qualunque sito Web (perché non sono solo i siti dei giornali a occuparsi di persone e avvenimenti) e a tutti i motori di ricerca.
Né è chiaro, se è per questo, come farà a imporre le stesse regole ai siti stranieri. Né se come "editore" vada identificato chiunque pubblichi un blog.
Si tratta di un lavoro immane e di una sorta di autocensura imposta ai webmaster: dovranno ripulire le storie personali di chiunque sia diventato noto facendo finta che siano sempre state immacolate, invece di dire onestamente come stanno le cose e lasciare a chi legge il compito di valutare e giudicare, anche sulla base del tempo trascorso da quegli avvenimenti.
Aggiornamento: leggi la risposta del Garante Privacy sul forum.
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