Il professore rovinato dalla caccia ai pedofili

Un insegnante, indagando su uno scambio di foto osé tra gli alunni, si ritrova vittima di una "caccia alle streghe" per colpa di una madre scontenta e dell'eco mediatica di un'accusa falsa.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 25-04-2009]

Ting-Yi Oei

Ting-Yi Oei, insegnante da 30 anni, è il vicepreside della Freedom High School, scuola superiore che ha contribuito a fondare quattro anni fa. La scuola si trova negli Usa, in Virginia.

Una semplice indagine scolastica per capire se i ragazzi stessero davvero inviando foto che li ritraevano nudi (come spesso succede) si è trasformata in un'odissea, durata un anno.

Questo è il racconto scritto dal professore stesso per il Washington Post, giornale cui deve parte delle persecuzioni subite.

Tutto cominciò nel marzo dello scorso anno quando un insegnante della mia scuola, la Freedom High di Loudoun County, mi riferì di alcune voci, secondo cui gli studenti si inviavano l'un l'altro foto di sé stessi nudi via cellulare. Dal momento che la prima preoccupazione di un amministratore è la sicurezza e il benessere dei nostri studenti, mio compito era fare chiarezza nella faccenda.

Convocai nel mio ufficio uno studente che immaginavo potesse avere immagini di quel genere. Alla presenza dei responsabili della sicurezza della scuola ammise rapidamente che ne aveva. Estrasse il proprio telefonino e ci mostrò l'immagine del busto di una ragazza in biancheria intima che si copriva il seno con le mani. La testa non era visibile. Lo studente, diciassettenne, sosteneva di non sapere chi fosse la giovane o chi gli avesse inviato la fotografia.

Portai subito la foto al preside, che mi ordinò di copiarla sul computer del mio ufficio nel caso in cui ci fosse servita più avanti. Non avendo dimestichezza con le fotocamere dei cellulari, chiesi al tecnico della scuola di aiutarmi, ma non riuscì a trovare una soluzione immediata.

Lo studente suggerì che avrebbe potuto inviare la foto al mio cellulare. Ciò avrebbe lasciato il problema di spostarla sul computer, al che il ragazzo disse che avrei potuto inviare l'immagine via email all'indirizzo della scuola.

Col senno di poi, naturalmente, avrebbe potuto inviarla direttamente lui al mio computer. Ma non mi è mai passato per la mente che le mie azioni potessero essere considerate sospette: stavo conducendo una legittima investigazione scolastica con in mente il benessere dei ragazzi, e lo facevo in presenza e con la piena conoscenza delle altre autorità scolastiche.

Interrogai altri studenti insieme all'esperto di sicurezza ma non trovammo altre foto e non riuscimmo a identificare la donna ritratta. Concludemmo che probabilmente non era una studentessa della scuola. Riferii le nostre scoperte al preside e ritenni chiusa la questione.

A questo punto Ting-Yi Oei torna a casa dalla moglie e si dedica completamente a lei, in cura da un medico per un sospetto tumore maligno, e trascorre così la vacanza primaverile. Al ritorno a scuola, lo studente trovato in possesso della foto è di nuovo nei guai, stavolta perché ha abbassato in classe i pantaloni a una compagna.

Informai sua madre del fatto che l'avrei sospeso e, durante la discussione, le raccontai dell'incidente precedente. Era indignata perché non l'avevo subito informata. Mi chiamò a casa quella sera stessa alle 22 e ancora alle 7 la mattina seguente; era agitata e pretendeva che la sospensione venisse revocata, altrimenti avrebbe chiamato un avvocato.

Le disse che la sospensione era dovuta all'atto deliberato di aver abbassato i pantaloni di una ragazza. Un paio di giorni dopo, a seguito di un confronto con il preside e me, mi gridò "Ci vedremo in tribunale!"

Due giorni dopo, due investigatori dell'ufficio dello sceriffo si presentano a scuola - su denuncia di un genitore - e pongono al vicepreside domande sulla questione delle foto.

Raccontai loro delle nostre indagini e mi offrii di mostrare loro la foto che avevamo scoperto. Non riuscii a trovare il file ma mi ricordai che era ancora nel cellulare. Non sapevo come recuperarlo (non avevo mai usato le funzioni fotografiche) e così diedi il telefono a uno degli investigatori. Non mi dissero che ero sotto indagine, né mi confiscarono il cellulare.

La polizia in seguito identificò gli studenti coinvolti. La persona nella foto, che si scoprì essere una studentessa sedicenne della scuola, più tardi si scusò con me per avermi mentito e il padre del ragazzo che aveva scattato la foto chiamò per scusarsi a sua volta.

Un mese dopo, in maggio, fui accusato di "aver omesso di riferire un sospetto abuso su minore". Ne fui sbalordito. Contattai immediatamente la Loudoun Education Association, raccontai tutto, e presi un avvocato. Poche ore dopo il sistema scolastico mi poneva in congedo amministrativo retribuito.

Mi confortava un po' il fatto che l'accusa non aveva basi: chi avrebbe potuto pensare che quella foto potesse costituire un abuso su un minore? Le leggi della Virginia (Usa) e il regolamento scolastico richiedono che certi reati - possesso di droga o armi sul terreno della scuola, violenza fisica che causi ferite, minacce di bombe - vengano riportate alle forze dell'ordine. Ma questo incidente non rientrava in alcuna di queste categorie.

Inoltre, avevo fatto ciò che dovevo fare per legge, cioè "informare la persona a capo dell'istituzione", ossia il mio principale, di tutto quanto.

Nonostante il professor Oei si sia comportato come richiedono le leggi, inizia così un'odissea che lo porta prima a vedere cadere l'accusa di omissione - anche se, prima che la cosa divenga ufficiale, il procuratore fa in tempo a minacciarlo consigliandogli di dimettersi, ventilando un'accusa di pedopornografia - poi addirittura un arresto.

Tornato al lavoro il 20 agosto, dopo essere stato apparentemente scagionato, viene infatti arrestato dalla polizia durante un incontro degli insegnanti per preparare l'anno scolastico che sarebbe iniziato di lì a poco.

Il motivo? Il Wahington Post quel giorno pubblica sul proprio sito un articolo su quanto accaduto, intitolato "Vicepreside accusato di pedopornografia" e accompagnata da una fotografia del professor Oei, ripreso entro poche ora dal sito BadBadTeacher e finita al telegiornale la mattina seguente.

Ero furioso perché l'ufficio dello sceriffo, per sua stessa ammissione, non aveva mai avviato un'indagine sull'incidente originale. Nessuno ha sentito il preside finché il mio avvocato non l'ha chiesto. Hanno semplicemente preso per buona la parola di una madre scontenta. Il viceprocuratore Nicole Wittman ha anche ammesso pubblicamente che non c'erano nuove informazioni relative all'accusa di pedopornografia. "Abbiamo solo la sensazione molto forte che non non dovrebbe stare nel sistema scolastico di Loudoun County" ha detto.

La rabbia non era la mia sola emozione. L'ansia e l'insonnia sviluppate dopo la prima accusa peggiorarono. Allo stesso modo il senso di isolamento. E incontrai anche dubbio e scetticismo. Anche gli amici di più vecchia data non sanno se credere alle accuse o al professore.

Fortunatamente, la storia ha un lieto fine: il 31 marzo un giudice assolve Oei da tutte le accuse, risolvendo così la parte legale della vicenda.

Il professor Oei è innocente ma, se la sua fedina penale è di nuovo pulita, la sua vita e i suoi rapporti con i colleghi restano segnati dalla "caccia alle streghe" di cui è stato vittima per mesi.

Ripensandoci, non sono sorpreso dal comportamento degli studenti. Ma vorrei capire come le azioni compiute mentre facevo il mio lavoro possano essere state travisate così gravemente. E mi disturba il fatto che, nel nostro sistema legale, la verità possa intralciare la "giustizia". Non riesco più a considerare il potere dei pubblici ministeri e del nostro sistema giudiziario come facevo prima.

Anche se riconosciuto non colpevole, il professor Oei, che dovrebbe tornare al lavoro in questi giorni, faticherà a riprendere la propria vita.

Andare avanti è più facile a dirsi che a farsi. Ripenso a com'ero quattro anni fa, quando contribuii ad aprire la Freedom, e penso a tutto ciò che ho perso nell'ultimo anno. Ho perso i diplomi dello scorso anno. Ho perso la vittoria della nostra squadra femminile di basket al campionato statale. Ho perso il cameratismo dei colleghi. Ho perso la possibilità di fare il lavoro che amo - lavorare con i giovani e guardarli crescere.

A giugno, la prima classe ad affrontare quattro anni alla Freedom si diplomerà. Spero di poter essere là con gli studenti come loro vicepreside. Ma sarà un evento dal sapore agrodolce.

La storia completa, in inglese, si trova sul sito del Washington Post.

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Commenti all'articolo (ultimi 5 di 23)

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