Costano poco, provengono dalla Cina e inviano i dati personali dell'utente a dei server in madrepatria.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 17-11-2016]
Chi oggigiorno vuole uno smartphone o un tablet Android non deve per forza spendere cifre folli: per un prezzo contenuto può ottenere un dispositivo in grado di svolgere tutte le funzioni più comuni, a patto di non affidarsi alle marche più famose.
Vi sono infatti diversi produttori, soprattutto cinesi, che offrono hardware accettabile a prezzi interessanti, e che non fanno rimpiangere scelte più costose.
Il problema è che, come ha scoperto Kryptowire, in alcuni casi lo smartphone contiene una sgradita sorpresa: una backdoor, presente tra gli altri anche nei prodotti a marchio BLU, venduti pure su Amazon.
Il primo modello in cui è stata individuata la backdoor è lo smartphone BLU R1 HD, che invia diversi dati personali relativi al telefono e alle attività dell'utente a dei server in Cina.
Tra i dati inviati ci sono informazioni quali il numero di telefono, la posizione, le chiamate effettuate, il contenuto dei messaggi e le applicazioni installate e usate.
Proprietaria del server che riceve tutti questi dati è la Shanghai AdUps Technologies, un'azienda che si occupa di gestire la distribuzione degli aggiornamenti OTA del firmware per diversi clienti, tra cui nomi famosi come Huawi e ZTE. In totale sarebbero coinvolti 700 milioni di dispositivi.
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AdUps ammette che la backdoor è stata inizialmente creata per ragioni di profilazione degli utenti, in modo da poter servire loro annunci pubblicitari più vicini alle loro preferenze, ma sostiene anche che era destinata unicamente al mercato cinese, ed è stata inclusa nei prodotti venduti all'estero per errore.
La situazione è particolarmente grave perché, stando a quanto scoperto da Kryptowire, tramite la backdoor non soltanto i dati personali degli utenti prendevano la via della Cina, ma «il firmware montato sui dispositivi consentiva l'installazione remota di applicazioni senza bisogno del consenso dell'utente e, in alcune versioni del software, la trasmissione di informazioni dettagliate sulla posizione del dispositivo».
Non appena la notizia s'è sparsa, le aziende coinvolte e quelle che sarebbero potute essere coinvolte hanno reagito, ciascuna a modo loro. Huawei, per esempio, che rientra nel secondo gruppo, ha rassicurato gli utenti dicendo che non si serve di AdUps.
BLU, invece, che è tra le aziende coinvolte, ha rapidamente rilasciato un aggiornamento che disattiva la backdoor, e ha affermato che al massimo circa 120.000 smartphone e tablet sono risultati affetti dal problema.
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