[ZEUS News - www.zeusnews.it - 07-05-2019]
Su Facebook non c'è nulla di privato: ormai tutti dovrebbero saperlo. Chi desidera che certe cose non finiscano sotto gli occhi altrui dovrebbe semplicemente evitare di scriverle, anche privatamente, su un social network.
Ciò è ancora più vero se, come riporta Reuters, Facebook sta realmente portando avanti da ormai un anno un progetto di "classificazione manuale" dei contenuti.
A quanto pare nella città di Hyderabad, l'azienda locale Wipro ha concluso con Facebook un contratto da 4 milioni di dollari per mettere al lavoro 260 persone sui contenuti inseriti dagli utenti sul social network.
Il compito di queste persone è analizzare ogni foto, ogni testo, ogni aggiornamento di stato, ogni video, ogni screenshot pubblicato su Facebook o Instagram dal 2014 in avanti, e assegnarvi un'etichetta.
Il materiale viene suddiviso in base a cinque categorie o «dimensioni», tra cui il soggetto, l'occasione e l'intento che l'utente aveva in mente quando ha realizzato quel post.
Si tratta della pratica nota come data annotation, i cui risultati vengono poi utilizzati per diversi scopi, tra cui l'addestramento degli algoritmi di intelligenza artificiale.
Secondo quanto dichiarato dai dipendenti stessi di Wipro, ciò dà loro modo di «aprire una finestra sulle vite degli utenti, guardando una foto delle vacanze o un post che ricorda un membro defunto della famiglia».
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Si potrebbe dire che non c'è nulla di cui scandalizzarsi, dato che chi inserisce contenuti su Facebook lo fa proprio perché tutti li vedano, ma in realtà non è così.
Gli "etichettatori" hanno infatti accesso ai contenuti indipendentemente dalle impostazioni di condivisione e anche a tutto ciò che è stato impostato dagli utenti come privato, quindi in teoria invisibile a terzi, e senza che l'autore originale debba dare il proprio consenso.
Come tutto ciò si concili con lo sbandierato rispetto per la privacy (per non parlare delle norme in merito, come la direttiva europea GDPR) davvero non si capisce.
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