Esce il nuovo saggio di Massimo Mantellini, che ci parla di come eravamo prima di Internet e di come non saremo mai più.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 13-06-2020]
Dieci splendidi oggetti morti è il nuovo saggio, scritto prima del lockdown (ma uscito dopo) per Einaudi da Massimo Mantellini, uno dei primi blogger italiani.
Mantellini è ancora vivo e vegeto nonostante abbia ricevuto molte minacce di morte negli ultimi giorni. Non per il libro, ma per un post scritto contro di lui da Matteo Salvini il quale, senza volerlo, ha così lanciato il piccolo saggio, che però non parla di politica e nemmeno di Salvini.
Gli oggetti morti c'entrano molto invece con la nostra vita quotidiana, soprattutto con quella di chi non è un nativo digitale ma piuttosto un immigrato digitale, cioè uno arrivato dopo la rivoluzione.
Oggetti morti sono per esempio le mappe, le cartine stradali cartacee che non sapevamo mai come ripiegare dopo l'uso e senza le quali non era possibile fare un viaggio.
Oggetti morti sono anche i quotidiani cartacei che hanno perso in pochi anni il 50 per cento dei loro lettori, per essere sostituiti non dai giornali online ma da un flusso informativo che viaggia sui social network ed è fatto da notizie reali, fake news, gossip, vero, falso, verosimile.
Oggetti morti sono i libri che neanche gli e-book hanno potuto sostituire, libri che per essere letti richiedono il silenzio. E anche il silenzio Mantellini assimila a un oggetto, un oggetto in cui siamo concentrati e non distratti.
È un modo di pensare, di ragionare, che partiva dalla penna (quella a sfera che aveva sostituito il pennino, quando imparavamo a scrivere con le aste e cerchietti), mentre ora usiamo la tastiera e il mouse. Ma anche la tastiera adesso sta morendo, sostituita dal touchscreen o dalla sintesi vocale, che comanda gli oggetti, e dagli audio che soppiantano messaggi e email, i quali a loro volta hanno ucciso la lettera, altro splendido oggetto morto.
Con il sopravvento dell'audio e della sintesi vocale muore però anche la civiltà scritta. Torniamo a quella oralità, con i suoi limiti temporali invalicabili, schiacciata sul presente, da cui la scrittura ci aveva liberato.
In pochi anni, sotto i nostri occhi, è cambiata quindi una cultura, una civiltà; sono cambiati gli uomini e siamo cambiati noi stessi che, prima ancora di accorgercene, siamo mutati e ancora stiamo mutando.
Il saggio di Mantellini, con esempi concreti e alla portata di tutti, ci dà contezza della nostra mutazione antropologica, minima e quotidiana. Lo fa senza quasi dare giudizi, senza catastrofismi ma senza nemmeno esultanze positive e ottimistiche, e questo è il suo maggiore pregio.
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