Il cielo è pieno di scheletri di robot (3)
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 25-01-2023]
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Il cielo è pieno di scheletri di robot
I robot capaci di fabbricare altri robot uguali partendo dalle materie prime presenti nell’ambiente sono il sogno e anche l’incubo di qualsiasi imprenditore del settore.
Per esempio, nel 2021 Elon Musk ha annunciato Optimus, o Tesla Bot, un robot umanoide generalista che a suo dire sarà disponibile sul mercato entro il 2023, sarà gestito da un sistema di intelligenza artificiale e sarà in futuro in grado di fare “qualunque cosa che gli esseri umani non desiderino fare”, secondo la descrizione fatta da Musk.
Per ora se ne sono visti soltanto alcuni prototipi parzialmente funzionanti, lontanissimi dall’autonomia e dalle capacità fantasticate da Elon Musk, ma ci sono molte altre aziende che da decenni lavorano alla realizzazione di robot generalisti. In tutto questo tempo i risultati sono stati scarsi, a differenza di quelli dei robot specializzati, che invece sono ormai una realtà consolidata nelle industrie.
C’è poco interesse concreto per un robot generalista per varie ragioni, una delle quali è il fatto che se un robot è in grado di fare qualunque cosa, allora è anche capace di costruire una copia di se stesso e quindi chi li dovesse mettere in vendita si troverebbe con il problema che i suoi primi esemplari venduti sarebbero anche gli ultimi, perché i compratori userebbero i propri robot per costruirne altri e saturare il mercato, a meno che vengano introdotti nel software di questi robot delle regole che vietino l’autoreplicazione. Regole che, come dimostra la storia dell’informatica, sarebbero comunque facilmente aggirabili.
Ma invece di pensare a un robot che porta i sacchetti della spesa si può pensare più in grande. Molto più in grande. Ed è qui che l’idea dell’automa autoreplicante assume un ruolo da capogiro.
Immaginate un robot autoreplicante che venisse mandato, per esempio, sulla Luna e fosse in grado di usare le materie prime locali per costruire un gran numero di copie di se stesso e dei macchinari necessari per costruire una base abitabile permanente. Con l’hardware e il software giusto, insomma, non sarebbe necessario spedire tutte le macchine e le strutture dalla Terra: basterebbe mandare una piccola squadra iniziale di robot che sfruttassero le risorse trovate sul posto.
Uno studio della NASA del 2004 [Toth-Fejel, Tihamer. Modeling Kinematic Cellular Automata: An Approach to Self-Replication] ha proposto proprio questo approccio per l’esplorazione spaziale e per creare miniere di materie prime negli asteroidi. Il costo iniziale è alto, ma una volta realizzato il lotto iniziale tutto il resto è sostanzialmente gratuito, e quando finisce la costruzione di un avamposto o di una miniera i robot possono essere riutilizzati per costruirne altri altrove.
Però questa è una visione ancora poco ambiziosa rispetto a quella delle cosiddette sonde spaziali di von Neumann.
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