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[ZEUS News - www.zeusnews.it - 03-06-2024]
Questa storia comincia con una segnalazione su Reddit, ad aprile scorso, di un'app per il monitoraggio del ciclo mestruale di nome Ovia (App Store; Google Play), che ha iniziato da poco, dice la segnalazione, a chiedere in quale stato risiede l'utente, perché quest'informazione è necessaria per poter continuare a usare l'app.
Dato che la fisiologia umana fondamentale non varia in base ai confini di stato, viene spontaneo chiedersi come mai ci sia bisogno di specificare lo stato di residenza in quest'app. È una domanda che coinvolge le decine di milioni di persone che nel mondo usano app di questo genere, come BabyCenter, Clue, My Calendar o Flo, per tenere traccia del proprio ciclo o di quello dei familiari.
Nel 2019 l'app Ovia era stata criticata (Washington Post) perché condivideva i dati di salute dei suoi utenti con i loro datori di lavoro. Lo faceva, e lo fa tuttora, in forma aggregata e anonimizzata, certo, ma soprattutto in un'azienda piccola risalire alle identità precise delle persone alle quali si riferiscono i dati di salute è piuttosto banale, specialmente per situazioni molto palesi come una gravidanza, che è solo uno dei dati raccolti da quest'app.
I datori di lavoro possono infatti sapere quanti dipendenti hanno avuto gravidanze a rischio o parti prematuri e possono vedere le principali informazioni di natura medica cercate dalle utenti, i farmaci assunti, l'appetito sessuale, l'umore, i tentativi di concepimento, il tempo medio necessario per ottenere una gravidanza e i tipi di parto precedenti. Tutti dati immessi dalle persone, incoraggiate a farlo dai buoni spesa, circa un dollaro al giorno, offerti dall'app.
L'azienda che ha sviluppato l'app, Ovia Health, dice che tutto questo consente alle aziende di "minimizzare le spese sanitarie, scoprire problemi medici e pianificare meglio i mesi successivi" e aggiunge che la sua app "ha permesso alle donne di concepire dopo mesi di infertilità e ha anche salvato le vite di donne che altrimenti non si sarebbero rese conto di essere a rischio".
Anche altre app dello stesso genere sono state criticate fortemente da Consumer Reports, una influentissima associazione statunitense di difesa dei consumatori, e da associazioni di attivisti tecnologici come la brasiliana Coding Rights, perché non tutelavano affatto la riservatezza delle persone, per esempio permettendo l'accesso ai dati sanitari altrui a chiunque conoscesse l'indirizzo di mail della persona presa di mira oppure passando direttamente i dati mestruali a Facebook.
Uno studio del 2019, pubblicato dal prestigioso British Medical Journal, ha rilevato che il 79% delle app relative alla salute disponibili nel Play Store di Google condivideva con terzi i dati sanitari degli utenti.
C'è un nome per questo sfruttamento commerciale dei dati sanitari delle donne: femtech. Alcune stime indicano che il mercato femtech, che "include le app di tracciamento mestruale, nutrizionale e di benessere sessuale", potrebbe valere fino a 50 miliardi di dollari entro il 2025 (Washington Post).
Già così lo scenario era piuttosto orwelliano, ma il 2 maggio 2022 è successo qualcosa che ha trasformato una sorveglianza invadente in una trappola inquietante.
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Da diritto a reato
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