Alle origini delle vicende politico-finanziarie del caso Unipol c'è l'Opa sull'ex monopolista di Colaninno-Gnutti, con il sostegno di D'Alema.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 11-01-2006]
Questo è un articolo su più pagine: ti invitiamo a leggere la pagina iniziale
Travaglio critica D'Alema per Telecom Italia
"Il mio peccato d'orgine è il sostegno all'Opa su Telecom Italia": così ha dichiarato Massimo D'Alema sull'Unità, in un dibattito sul caso Unipol-Consorte, in cui l'ex Premier e attuale Presidente dei Ds è messo sotto accusa per l'appoggio sempre dato a Giovanni Consorte, ma anche ad Emilio Gnutti, nel loro tentativo di acquisire il controllo della Banca Nazionale del Lavoro.
Oggi si scopre che Consorte e Gnutti portavano avanti le manovre per scalare la Bnl anche con il rastrellamento di azioni prima e fuori dall'Opa, che la Banca d'Italia non ha ritenuto più di autorizzare, dopo l'uscita di Fazio, azioni comprate con soldi prestati, senza garanzie, da Fiorani, con soldi della Banca Popolare di Lodi, sottratti dal caveau, dai conti di correntisti defunti e con l'aumento delle commissioni sui conti correnti.
Consorte si è scoperto ha dei conti correnti all'estero, su cui ha depositato venticinque milioni di euro, e così altri venticinque ne ha avuti il suo vice in Unipol Sacchetti: gli sarebbero stati dati da Emilio Gnutti in cambio di azioni Telecom Italia, pagate molto più della quotazione in Borsa, e solo oggi, ammette Consorte, gli sarebbero stati dati in questa forma per pagare meno tasse; ma in realtà sarebbero stati il prezzo della consulenza che Gnutti gli avrebbe pagato quando il controllo di Telecom Italia è passato da Roberto Colaninno a Tronchetti Provera, con la vendita delle azioni Olimpia e Olivetti.
Con tutti questi soldi all'estero, mai rivelati a nessuno, guadagnati in modo poco chiaro in operazioni che vedevano protagonista l'Unipol, che aveva partecipato all'Opa di Colaninno come supporter, Consorte certo non è un esempio di etica cooperativa: perciò le Coop lo hanno cacciato dal vertice di Unipol.
Anche D'Alema prende le distanze da Consorte: si dichiara stupito, amareggiato, ovviamente ignaro che un manager (che considerava e considera tuttora bravo) fosse anche così spregiudicato; ammette di essere stato un po' incauto a esporsi troppo nel sostegno a Consorte e all'Unipol, viste le cose che si stanno venendo a sapere.
D'Alema stesso, però, ammette che all'origine di tutto c'è stata l'Opa di Colaninno su Telecom Italia: in quell'Opa Gnutti, l'Unipol di Consorte, il Monte dei Paschi di Siena, banca governata dai rappresentanti del Comune e della Provincia di Siena, tutti di estrazione diessina come D'Alema, guadagnarono miliardi a palate, con cui ora volevano comprare la Banca Nazionale del Lavoro (l'Unipol e Gnutti perchè il MontePaschi era contrario).
L'Opa di Colaninno su Telecom Italia fu possibile solo perché il Governo non sostenne Bernabè, non usò la Golden share contro l'Opa, e il rappresentante del Tesoro (che possedeva ancora una quota importante di Telecom Italia) fu d'accordo, perché D'Alema autorizzò la vendita di Omnitel a Vodafone, indispensabile per motivi d'Antitrust e per avere un po' dei soldi necessari e perché il Governatore della Banca d'Italia d'allora, cioè Antonio Fazio (che era un altro degli azionisti importanti di Telecom Italia, attraverso il Fondo Pensioni) nonostante la promessa di sostegno a Bernabè volle aderire all'Opa.
Grazie al sostegno del Governo, l'Unipol, Gnutti (socio allora e oggi di Berlusconi, che fu perfettamente favorevole a Colaninno) e il Monte dei Paschi di Siena guadagnarono molti soldi, e così anche Banca Capitalia: quest'ultima in quei mesi stava dando un grosso contributo a ripianare il forte debito del partito dei Ds, accettando in garanzia le sedi del partito in tutta Italia e valutandole generosamente.
D'Alema così ottenne anche di far vedere ai capitalisti italiani e, soprattutto, a Cuccia, ancora vivo e dominus di Mediobanca, che era un interlocutore accomodante e ragionevole e non più un comunista vecchio stile.
In realtà Telecom Italia, che era senza debiti, si caricò di trentamila miliardi di vecchie lire (che oggi sono diventati quarantaduemila miliardi) che frenarono gli investimenti, l'abbassamento delle tariffe ed ebbero gravi effetti negativi su qualità del servizio e occupazione. Soprattutto, passò il principio che ci si può comprare una grande azienda anche se non si hanno i soldi per farlo, caricandola di debiti. La convinzione che si possa comprare un'Azienda con i soldi della stessa è lo stesso principio che l'Unipol voleva praticare con la Bnl: comprarla senza soldi e caricarla di debiti.
In realtà D'Alema continua a essere orgoglioso della scelta che ha fatto, anzi dice che "Colaninno è un imprenditore serio", dimenticando che anch'egli ha avuto guai giudiziari seri per il caso Seat-Tin.it, la cui azione oggi vale il 90% in meno di quando Colaninno comprò la Seat dalla cordata De Agostini e la fuse con Tin.it, con grave impoverimento di moltissimi piccoli azionisti. Come dire: il lupo perde il pelo ma non il vizio.
Ti invitiamo a leggere la pagina successiva di questo articolo:
Il grande intrigo di Telecom Italia
Se questo articolo ti è piaciuto e vuoi rimanere sempre informato con Zeus News
ti consigliamo di iscriverti alla Newsletter gratuita.
Inoltre puoi consigliare l'articolo utilizzando uno dei pulsanti qui
sotto, inserire un commento
(anche anonimo)
o segnalare un refuso.
© RIPRODUZIONE RISERVATA |
|
|
||
|