BSA ci riprova (seconda parte)

Come BSA interpreta a proprio piacimento la legge sul software.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 30-10-2001]

Leggi la prima parte - Duplicare software non sempre è reato

Con l'immagine destinata all'affissione e alla pubblicazione sui maggiori quotidiani le cose non vanno meglio. Nell'immagine, in bianco e nero, campeggia la classica finestrella in stile Windows con i foglietti che svolazzano; una scritta minaccia: "ci vogliono 3 minuti per copiare software, potrebbero volerci 3 anni di carcere per scontare la pena". Grazioso (e ambiguo) il condizionale: sottolinea che non sempre è reato duplicare software, o piuttosto che non sempre la Giustizia riesce a raggiungere i rei?

Siamo alle solite: assai lontana dal presentare al pubblico un'informazione corretta, la campagna sembra piuttosto avere, ancora una volta, lo scopo di associare all'atto della duplicazione di software l'idea del carcere: immagine di una certa efficacia nel disorientare chi non conosce a fondo la legge e non ha dimestichezza con il burocratese giuridico. In pratica, la maggior parte delle persone.

In tal senso, un effetto "di riflesso" dei messaggi potrebbe essere ostacolare la diffusione del software libero, ingenerando nel pubblico l'idea che anche la duplicazione di questo possa essere fonte di sanzioni penali: considerato chi "sta dietro" la BSA (i maggiori produttori mondiali di software, Microsoft in testa), non sembrerebbe del tutto azzardato affermare che si tratti di un effetto non solo noto in partenza, ma forse addirittura voluto. Sotto questo aspetto, le ambiguità della Legge 18/8/2000 n. 248 (il nuovo testo di legge sul copyright) sono tante e tali, a loro volta, da sembrare studiate per renderla di difficile e confusa interpretazione.

Va poi sottolineato che entrambi i messaggi parlano di duplicazione del sofware nell'ambito di attività aziendali: sembrerebbe perciò che copiare un programma per utilizzarlo privatamente in casa propria non dia luogo ad illecito. Non è così, in quanto, come già evidenziato, la citata legge n. 248/2000 sembra porre sullo stesso piano (Art. 13, comma 1) la semplice duplicazione con finalità di profitto (concetto che ha significato più ampio di "lucro" e che, pertanto, può comprendere anche il risparmio derivante dal mancato acquisto della licenza) e la detenzione di software duplicato a fini imprenditoriali.

Anche in questo specifico ambito, dunque, l'informazione presentata dalla campagna 2001 è quanto meno incompleta. Può darsi che BSA intenda concentrare la propria attenzione sul mondo aziendale, in quanto, secondo alcune stime, interessato da duplicazione abusiva e contraffazione in misura massiccia; non si dimentichi che esso è, inoltre, controllabile con più facilità rispetto ai privati. Tuttavia, fa sorridere l'immagine di capitani d'azienda e responsabili di centri di calcolo che si scambiano giocosamente cd taroccati al bar, tra una brioche e un cappuccino... Per non dire delle organizzazioni criminali che duplicano software con lo scopo di spacciare per originali le copie contraffatte.

Il taglio dei messaggi sembrerebbe perciò indirizzarli all'utenza "privata". Inoltre, dal momento che la duplicazione illecita di software è reato penale, non è necessaria una denuncia della parte lesa (che BSA rappresenta in molti casi) per avviare il procedimento a carico del reo: è sufficiente che il reato venga rilevato dai soggetti preposti a garantire l'osservanza della legge. Un esempio? E' sufficiente essere fermati dalla Guardia di Finanza nell'ambito di un controllo di routine e avere con sè cd copiati per rischiare guai pesanti.

Leggi la terza parte - Senza fini di lucro?

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