''I nostri servizi non sono anticompetitivi: anzi, fanno bene al commercio online'' sostiene Big G.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 29-08-2015]
La risposta di Google alla Commissione Europea, che accusa l'azienda di abuso di posizione dominante, è arrivata prima dello scadere della proroga concessa da Bruxelles.
Tramite il proprio blog ufficiale dedicato alle politiche applicate in Europa Google ha anche voluto rendere nota a tutti tale risposta, che si può condensare in una secca negazione delle accuse.
Anzi, Big G arriva ad affermare che tutto ciò che ha fatto ha avuto delle ricadute benefiche sulle attività commerciali in Rete: altro che comportamento anticompetitivo.
Per ribattere all'accusa secondo la quale le pubblicità a pagamento allontanerebbero gli utenti dai siti dei venditori terzi favorendo i propri, Google porta relativi al traffico generato in oltre 10 anni, affermando che da essi emerge come l'attività del motore di ricerca non abbia fatto altro che incrementare il traffico verso i servizi di vendita, favorendo «nuovi attori, nuovi investimenti, e allargando le possibilità di scelta dell'utente».
Inoltre la Commissione avrebbe commesso un errore quando ha evitato di includere nelle proprie analisi l'impatto sul commercio online di giganti come eBay e Amazon: come dire che se i piccoli venditori si trovano in secondo piano la colpa non è dei banner a pagamento sul motore di ricerca, ma delle dimensioni esagerate dei più potenti store online.
«Google ha consegnato più di 20 miliardi di click gratuiti agli aggregatori negli ultimi dieci anni nei paesi europei raggiunti, con un aumento del traffico gratuito pari al 227% (e un aumento del traffico totale persino maggiore)» scrive Google.
L'azienda di Mountain View difende il proprio comportamento citato altri due elementi. Il primo è che il comportamento di chi fa shopping online è in continuo cambiamento: allo stato attuale «gli utenti da desktop e dai dispositivi mobili spesso vogliono andare direttamente dai venditori di fiducia che hanno stabilito una presenza online».
E' nato prima il telefono o il fax? | ||
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Il secondo è «la nostra attenzione continua verso la qualità». Google sostiene che per restare competitivi nel settore delle ricerche online non ci si può più limitare a fornire «i vecchi 10 link blu» ma per accontentare quanti intendono effettuare acquisti via Internet è necessario sviluppare dei formati che presentino i risultati in modo più utile e accattivante: di qui sarebbe nata la forma di pubblicità nota come Google Shopping Unit, tanto mal vista dalla UE.
«Noi non crediamo che questo formato sia anticompetitivo. Al contrario, mostrare pubblicità basate sui dati strutturati forniti dai venditori migliora in modo dimostrabile la qualità delle pubblicità stesse e rende più semplice per gli acquirenti trovare ciò che stanno cercando» si legge ancora nella risposta. «Non si tratta di "fare dei favoritismi". Si tratta di dare ai nostri utenti e agli inserzionisti ciò che per loro è maggiormente utile».
«Il nostro motore di ricerca è progettato per fornire i risultati più importanti e gli spot più utili in risposta a ogni ricerca. Gli utenti e gli inserzionisti traggono vantaggi quando lo facciamo bene. E anche Google. È nel nostro interesse produrre risultati di alta qualità e spot che uniscono le persone a ciò che stanno cercando».
In definitiva, «crediamo che le conclusioni preliminari siano sbagliate dal punto di vista dei fatti, della legge e dell'economia. Aspettiamo il momento in cui potremo discutere la nostra risposta e le prove che la sostengono con la Commissione, nell'interesse di promuovere la scelta degli utenti e una concorrenza aperta».
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