Come proteggere il cloud dagli attacchi DDoS



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 01-06-2017]

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La migrazione in cloud è un argomento di grande attualità da almeno un paio d'anni e sono ormai numerosissime le aziende di vario tipo e dimensione che propongono questo tipo di servizio.

Esiste un vasto assortimento di proposte finalizzate alla migrazione di dati e applicazioni in cloud, variabili in funzione del tipo di servizio specifico e della grandezza degli operatori: dai grandi cloud provider pubblici o ibridi ai service provider più piccoli e specializzati che offrono servizi gestiti mirati. Tutti hanno però in comune un'infrastruttura multi-tenant con accesso basato sulla connettività Internet.

Gli attacchi DDoS (Distributed Denial of Service) rappresentano, purtroppo, un problema dilagante per le società che offrono servizi cloud e hosting a causa della loro rapida espansione in termini di scala e frequenza.

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Distributed Denial of Service (DDoS): cresce l'impatto dei tempi di indisponibilità di un sito web, che possono costare perdite di milioni di euro in termini di introiti, produttività e immagine aziendale.
Frode: perpetrata da malintenzionati con l'obiettivo di trafugare i dati di un sito e creare storefront illegittimi, o da truffatori che intendono impadronirsi di numeri di carte di credito, la frode tende a colpire - prima o poi - tutte le aziende.
Violazione dei dati: le aziende tendono a consolidare i dati nelle applicazioni web (dati delle carte di credito ma anche di intellectual property, ad esempio); gli attacchi informatici bersagliano i siti e le infrastrutture che le supportano.
Malware del desktop: un malintenzionato riesce ad accedere a un desktop aziendale, approfittandone per attaccare i fornitori o le risorse interne o per visualizzare dati protetti. Come il trojan Zeus, che prende il controllo del browser dell'utente.
Tecnologie dirompenti: pur non essendo minacce nel senso stretto del termine, tecnologie come le applicazioni mobile e il trend del BYOD (bring-your-own-device) stanno cambiando le regole a cui le aziende si sono attenute sino a oggi.

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Un singolo attacco può colpire una sola applicazione all'interno di un ambiente, ma così facendo, se ha sufficiente potenza, l'attacco può saturare la connettività Internet e ripercuotersi su tutti i servizi che condividono lo stesso accesso Internet. Il fenomeno è stato descritto all'interno del Worldwide Infrastructure Security Report (WISR) di Arbor Networks, che evidenzia quanto segue:

1) il 61% degli operatori di data center o cloud ha subito attacchi che hanno saturato completamente la loro banda nel 2016;
il 21% degli operatori di data center o cloud ha subito oltre 50 attacchi DDoS al mese.

Si fa quindi più pressante per i provider di servizi cloud e per i loro clienti la necessità di implementare adeguate misure di protezione della disponibilità.

Ti invitiamo a leggere la pagina successiva di questo articolo:
Come si difende la disponibilità?

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Commenti all'articolo (ultimi 5 di 7)

Concordo anch'io con le considerazioni di Cesco67 al post di Zio_LoneWolf, possibili segreti industriali, dati sensibili e critici, dati relativi alle attività core dell'azienda sul cloud non ci dovrebbero mai finire. Leggi tutto
18-8-2017 17:07

Condivido in pieno il punto 3, mentre gli altri 2 IMHO sono molto soggettivi in base al tipo di azienda. P.es. dove lavoro attualmente e nella precedente azienda l'ufficio tecnico maneggia progetti che sono sull'ordine del GB l'uno. Ritengo impensabile affidarsi a provider cloud per attività di questo tipo (senza considerare che spesso... Leggi tutto
4-6-2017 14:35

{viva verdi}
Infatti, Zio_LoneWolf, hai ben esposto alcune delle ragioni che motivano le aziende a fare quello che ho descritto. Pollo, nella mia accezione, non vuol dire stupido, ma poco consapevole delle conseguenze.
1-6-2017 15:16

{utente anonimo}
Grande il cloud, ma ricordate che esso non esiste, esistono i computer degli altri. Meditiamo bene.
1-6-2017 09:58

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