Il motore di ricerca non è tenuto a eliminare i link con contenuti illeciti, in assenza di pronuncia da parte di un'autorità. Non è sufficiente la mera richiesta da parte del danneggiato.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 11-06-2012]
Google e i suoi colleghi motori di ricerca non sono tenuti a eliminare dalla propria banca dati il link a siti sospettati di ospitare comportamenti illegali: per esempio link a siti pirata o ad articoli che si assumono essere diffamatori.
Non sono obbligati neanche se a chiederlo è il soggetto leso che adduca, come prova dell'altrui condotta illecita, la diffida inviata al sito "responsabile".
Il motore di ricerca, infatti, è un Internet Service Provider che, secondo la direttiva europea sul commercio elettronico (il cosiddetto Pacchetto Telecom), non è responsabile dei comportamenti illeciti messi in atto dagli utenti sul web.
La direttiva enuncia il principio della net neutrality recepito dall'Italia con il decreto legislativo n. 70 del 2003 (articolo 14).
In base ad esso, l'ISP (Internet Service Provider) può essere responsabile solo se ricorrano due ipotesi diverse:
a) nel caso in cui l'ISP faccia uso di strumenti che gli consentano di conoscere e controllare i dati indicizzati.
b) qualora, presa conoscenza della natura illegale di dati sul proprio motore di ricerca, l'ISP non si sia attivato immediatamente per eliminarli.
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Riguardo a questa seconda deroga, una illuminante ordinanza del tribunale di Firenze (ordinanza del 25 maggio 2012) ha chiarito che, affinché si configuri la seconda delle due predette ipotesi, non è sufficiente la mera richiesta fatta dal danneggiato o anche la prova, da questi addotta, circa l'altrui condotta illecita.
Qualsiasi elemento portato a conoscenza dal privato (una lettera di diffida, una documentazione di parte o altro) non può giustificare l'obbligo per il motore di ricerca di attivarsi per cancellare il contenuto che si ritiene illecito.
C'è bisogno, invece, della pronuncia di un "organo competente che abbia dichiarato che i dati sono illeciti, oppure abbia ordinato la rimozione o la disabilitazione dell'accesso agli stessi, ovvero che sia stata dichiarata l'esistenza di un danno".
Quindi secondo il Tribunale fiorentino è necessario un provvedimento di un giudice o di un'altra pubblica autorità per obbligare l'ISP a rimuovere un link. In assenza di una pronuncia da parte di un'autorità, il motore di ricerca non può, invece, entrare nel merito della richiesta avanzata nei suoi confronti da chi consideri compromessi i propri diritti.
Google o qualsiasi altro che svolge un servizio similare, non è un tribunale e quindi non è in grado di valutare, in autonomia, se vi sia stata o meno un pregiudizio di diritti altrui.
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