[ZEUS News - www.zeusnews.it - 03-08-2017]
"Non esistono nativi digitali": un titolo secco e deciso per un articolo pubblicato su Discover Magazine da Nathaniel Scharping ieri, che riprende un termine, nativo digitale, coniato nel 2001 dall'educatore Marc Prensky in un saggio diventato molto popolare.
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Il saggio diceva che il modo in cui gli studenti di oggi pensano ed elaborano le informazioni è radicalmente differente rispetto ai loro predecessori, a causa dell'uso intensivo di videogiochi, computer, smartphone e altri dispositivi digitali. Di conseguenza, diceva Prensky, è necessario cambiare i metodi educativi per tenere conto di questa fondamentale differenza.
Ma dal 2001 sono passati molti bit sotto i modem e soprattutto sono state pubblicate molte ricerche che indicano che i cosiddetti "nativi digitali" non sono più bravi degli "immigrati digitali" nell'usare i programmi e le funzioni dei computer (per esempio quella di ECDL/AICA) e non sono più bravi nel multitasking. In compenso i "nativi digitali" si valutano molto più competenti informaticamente rispetto agli "immigrati": il doppio dei nativi crede di essere competente rispetto agli immigrati.
Non solo: il cervello umano dei "nativi" è come quello degli "immigrati". Gestisce bene un solo compito complesso per volta. In termini informatici, è un monoprocessore che può fare task switching ma non multitasking. I "nativi" danno solo l'impressione di fare tante cose contemporaneamente perché in realtà commutano rapidamente da una all'altra, ma le fanno tutte male e alla fine non risparmiano tempo esattamente come tutti gli altri, e questa commutazione continua ha un costo dovuto alla continua interruzione dei processi di pensiero. Uno studio del 2006 indica che parlare al telefono mentre si guida è come guidare in stato di ubriachezza. E di ricerche in questo senso ce ne sono tante altre, segnalate nell'articolo di Discover Magazine.
Conviene quindi lasciar perdere i miti e per esempio disattivare il più possibile le notifiche non indispensabili dei nostri dispositivi, il cui scopo non è renderci più efficienti, ma riportarci il più possibile nei social network per generare traffico che fa incassare i proprietari di questi servizi.
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