[ZEUS News - www.zeusnews.it - 14-09-2018]
«La direttiva sul diritto d'autore è una vittoria per tutti i cittadini. Oggi il Parlamento europeo ha scelto di difendere la cultura e la creatività europea e italiana, mettendo fine al far west digitale»: così il presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani, ha commentato l'approvazione delle nuova direttiva sul copyright.
L'opinione di Tajani, per quanto certo non minoritaria (dopotutto l'hanno seguita 438 eurodeputati), non è condivisa da tutti.
Prevede un fosco futuro per il web Isabella Adinolfi, del Movimento 5 Stelle, secondo la quale «Con la scusa della riforma del copyright, il Parlamento europeo ha di fatto legalizzato la censura preventiva. Il testo approvato oggi dall'aula di Strasburgo contiene l'odiosa link tax e filtri ai contenuti pubblicati dagli utenti. È vergognoso! Ha vinto il partito del bavaglio».
Sotto accusa ci sono soprattutto i famosi (o famigerati) articoli 11 e 13, che riguardano rispettivamente la cosiddetta link tax per compensare gli editori dei contenuti originali e l'introduzione di filtri preventivi (come la tecnologia Content ID di YouTube) per prevenire le violazioni del diritto d'autore.
Va detto che la direttiva approvata da Strasburgo non è esattamente identica a quella rifiutata a giugno: sebbene molti degli emendamenti più drastici non siano stati ammessi, altri tesi a mitigare la portata del provvedimento verso i siti più piccoli sono stati accolti.
Per esempio, ora il testo esplicita l'esclusione delle piattaforme senza fini commerciali - ocme Wikipedia o GitHub - dall'obbligo di rispettare le nuove norme (ossia dalla compensazione degli editori e dalla verifica preventiva).
Ugualmente, la citazione delle parole chiave contenute negli articoli e la semplice condivisione dei link non viene punita dalla normativa.
Le grandi piattaforme - Facebook e Google News in primis - restano invece del mirino, accusate come sono dagli editori di sfruttare i contenuti senza restituire nulla. A niente sono valse le proteste, secondo le quali la restituzione prende la forma del traffico in più generato proprio da quelle piattaforme: il Parlamento di Strasburgo pare aver deciso di prendere le parti degli editori.
Ogni Stato della UE dovrà infatti, in quest'ambito, assicurarsi che ogni editore riceva un compenso «consono ed equo» da parte dei «fornitori di servizi nella società dell'informazione».
L'articolo 13 è visto dagli oppositori - tra cui sir Tim Berners-Lee, il padre del web, e Jimbo Wales, fondatore di Wikipedia - come ancora più disastroso. YouTube - ragionano - ha impiegato milioni di dollari per creare una tecnologia comunque imperfetta quale Content ID. Che dovrebbero fare i siti più piccoli?
In qualsiasi modo la si veda, è certo che al momento dell'entrata in vigore di queste norme il web europeo non sarà più lo stesso, mentre le maglie del controllo per la tutela del diritto d'autore si faranno più strette: e se da un lato è sacrosanto compensare chi crea contenuti per il lavoro svolto, dall'altro il rischio di cadere nella censura è quantomai alto.
In ogni caso, il cambiamento non sarà immediato: l'approvazione comporta innanzitutto l'avvio dei negoziati tra le istituzioni europee e i singoli Stati, che in teoria potrebbero (tutti o in parte) opporsi. Prima che quanto deciso ora entri in vigore può insomma passare diverso tempo.
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