Telecom Italia ha aperto un call center nel carcere di San Vittore: un'iniziativa valida, vediamo perché.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 14-02-2004]
Il Manzoni, in quello che è un po' il cuore del suo grande romanzo, cioè il colloquio fra Lucia e l'Innominato, fa dire alla ragazzotta lombarda: Per un'opera di misericordia Dio perdona tante cose.
Fra le opere di misericordia corporale, che la Chiesa una volta prescriveva, c'era anche quella di "visitare i carcerati" che è tuttora fra le opere di misericordia quella meno conosciuta e meno praticata anche in un paese tuttora cattolico come il nostro.
E' difficile visitare i carcerati perché ci sono tanti ostacoli burocratici e legali e perché, tutto sommato, l'idea della carcerazione è un tabù peggiore quasi della morte e della malattia. Al massimo l'attenzione è spostata sull'opportunità della grazia, che comunque non risolve il problema perché non applicabile (giustamente) alla maggioranza delle persone che vivono in carcere.
Al centro della rieducazione c'è il lavoro - e qui arrivano le dolenti note della situazione italiana: la stragrande maggioranza dei carcerati italiani non lavora, nonostante siano previsti fondi a sostegno dei progetti di lavoro e condizioni favorevoli sotto il profilo fiscale.
Per tornare alla frase di Lucia, anche se per questo non perdoneremo tutto a Telecom Italia, la scelta di insediare un Call Center per la risposta al 12 all'interno del Carcere di San Vittore a Milano è un'iniziativa rara nel panorama delle imprese italiane e apprezzabile sotto il profilo sociale e che, si spera, non rimanga un fatto isolato.
I 20 posti di lavoro (che occupano 30 persone) sono gestiti attraverso una cooperativa sociale a cui appartengono i lavoratori-detenuti, che svolgono il lavoro di operatori con modalità analoghe a quelle dei lavoratori "liberi": è possibile che ti rispondano loro e tu manco te ne accorga.
Non si tratta solo di una scelta valida di Telecom Italia, ma è merito anche del lavoro di Gigi Pagano, il mitico direttore di San Vittore, che si è speso moltissimo per l'umanizzazione di uno dei carceri più difficili per sovraffollamento e condizioni igienico-sanitarie della realtà penitenziaria italiana.
Per capire lo sforzo e la qualità di questo impegno quotidiano si può visitare il sito web di San Vittore, realizzato da una redazione di ospiti, che prende il nome del numero civico della Via Filangieri, in cui c'è il carcere: Il Due.
Il call center è una realtà del mondo lavoro spesso caratterizzata da ritmi e stili alienanti e disumani ma, nel caso, di questi lavoratori è un'occasione insperata di socializzazione, sia pure virtuale, una via di uscita alla segregazione senza speranza, una chance concreta per queste persone.
Perché un call center a San Vittore? Forse, le motivazioni più belle sono quelle che prendiamo da un giornalista sportivo molto conosciuto, Candido Cannavò, e dal suo recente libro su San Vittore, dal titolo: "Libertà dietro le sbarre" (Rizzoli):
"San Vittore non è quella pattumiera che tanta gente si immagina. In un crogiuolo di tensione, di dolore, di sgomento, di vuoto, di rabbia, di violenza, di attesa, c'è anche un immenso potenziale umano, di lavoro, di fantasia, di intelligenza, di cui bisogna tenere conto anche in senso volgarmente utilitaristico. Un giorno questa gente lascerà il carcere. E' meglio accogliere cittadini recuperabili o relitti senza speranza?"
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