[ZEUS News - www.zeusnews.it - 24-07-2024]
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ChatGPT ha copiato la voce di Scarlett Johansson? Il Grande Saccheggio dell'IA
Secondo gli esperti interpellati da varie testate giornalistiche, come il Washington Post o The Information, scegliere per il proprio prodotto una voce che somiglia molto a quella di una celebrità, specificamente in questo caso di una celebrità nota per aver interpretato proprio il ruolo della voce di un prodotto analogo, in un film molto conosciuto, e giocare sul fatto che molti utenti paganti di ChatGPT penseranno che si tratti davvero della voce di Johansson, rischia di essere comunque illegale, anche se l'azienda non ha effettivamente clonato la voce dell'attrice ma ha assunto una persona differente però somigliante.
Ci sono dei precedenti piuttosto importanti in questo senso, che risalgono a molto prima del boom dell'intelligenza artificiale. Quando non esisteva ancora la possibilità di usare campioni di registrazioni della voce di una persona per generarne una replica digitale si usavano gli imitatori in carne e ossa.
Per esempio, nel 1986 uno spot televisivo della Ford usò una imitatrice al posto della cantante Bette Midler come voce per un brano, Do You Wanna Dance di Bobby Freeman, che Midler aveva cantato. Midler era stata contattata per chiederle se fosse disposta a cantare nello spot, e lei aveva rifiutato. È così l'agenzia pubblicitaria incaricata dalla Ford, la Young & Rubicam, fece cantare la canzone a una corista di Bette Midler, Ula Hedwig.
Il parallelo con la vicenda di Scarlett Johansson e OpenAI è evidente, ma c'è una differenza importante: nel caso di Bette Midler, l'agenzia diede alla corista l'istruzione specifica di imitare la cantante. Midler fece causa, e vinse, ricevendo 400.000 dollari di risarcimento.
Anche il cantante Tom Waits si è trovato al centro di un caso di imitazione a scopo pubblicitario. Nel 1990 la ditta Frito-Lay usò un imitatore per inserire in un suo spot, dedicato alle patatine di mais, una voce che somigliasse a quella di Waits. L‘azienda fu condannata a pagare due milioni e mezzo di dollari.
Anche il chitarrista Carlos Santana, nel 1991, fece causa a un'azienda, la Miller Beer, per aver assunto un imitatore: non della sua voce, ma del suo stile di suonare la chitarra, in modo da poter usare il suo celeberrimo brano Black Magic Woman in uno spot televisivo. La disputa fu risolta in via stragiudiziale.
In sostanza, stando agli esperti, non importa se OpenAI ha assunto un sosia vocale di Scarlett Johansson o se ha proprio clonato la sua voce usando l'intelligenza artificiale: quello che conta è che ci fosse o meno l'intenzione di assomigliare alla voce di Johansson. Per il momento ci sono notevoli indizi indiretti di questa intenzione, ma manca una prova schiacciante: una richiesta esplicita di imitare la celebre attrice. Che fra l'altro per ora non ha avviato formalmente una causa.
Ma comunque vadano le cose nella disputa fra OpenAI e Scarlett Johansson, il problema dello sfruttamento gratuito dell'immagine, della voce o delle creazioni altrui da parte delle aziende di intelligenza artificiale rimane e tocca non solo gli attori e gli autori, ma ciascuno di noi.
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Il Grande Saccheggio
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