I programmatori sono relegati al ruolo di supervisori dell'algoritmo.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 04-11-2024]
Speriamo sia parte di quel 10% che, almeno secondo l'opinione di Linus Torvalds, non è marketing ma in ogni caso presso Google la IA è ormai una parte importante delle attività.
Come ha rivelato Sundar Pichai, CEO di Google, oltre il 25 per cento del codice prodotto dall'azienda non è scritto direttamente da dei programmatori, ma è generato da algoritmi di intelligenza artificiale.
«Stiamo utilizzando l'IA internamente per migliorare i nostri processi di scrittura del codice, e ciò sta aumentando la produttività e l'efficienza» ha raccontato Pichai durante la presentazione degli ultimi risultati finanziari. «Oggi, più di un quarto di tutto il nuovo codice di Google viene generato dall'IA, quindi rivisto e approvato dai programmatori. Ciò li aiuta a essere più produttivi e veloci».
La IA non viene lasciata agire indisturbata, quindi: i programmatori ne sorvegliano la produzione, al fine di identificare eventuali problemi; dopotutto sappiamo che, nonostante i progressi, il codice generato automaticamente non è affidabile al 100 per cento.
La comodità di affidarsi a una IA in grado di generare in pochi secondi codice che a un programmatore umano richiederebbe ben più tempo è senz'altro innegabile, e alla fine può essere semplicemente un ulteriore strumento, particolarmente efficace, nella cassetta degli attrezzi del buon programmatore, il quale deve oggi anche essere capace di esprimere con estrema chiarezza a una IA le proprie necessità, pena la generazione di codice errato.
Resta una certa preoccupazione circa il ruolo dei "supervisori" del codice generato: facendo sempre più affidamento alla IA viene meno l'esercizio e, forse, anche la capacità di scovare rapidamente le eventuali incongruenze. La perdita di una certa forma di esperienza è probabilmente uno degli effetti collaterali dell'automazione estrema.
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