Le montagne sono isolate non solo dall'internet, ma anche dalla telefonia mobile; ora lanciano l'ultimatum alle telecom: "Pari dignità, oppure gestiremo da noi la nostra rete".
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 01-02-2006]
"Non meritiamo di essere esclusi dalla tecnologia: queste zone sono custodi di importanti tradizioni e culture. Sono un bene da recuperare, prezioso per tutti". Queste parole descrivono tutta l'amarezza di Stefano Valdegamberi, già sindaco di Badia Calavena (in provincia di Verona) e ora assessore alla Regione Veneto con delega, tra l'altro, agli Enti Locali. Un po' il portavoce dei Comuni e delle montagne venete nelle stanze del potere.
Il problema è del tutto nuovo: l'isolamento digitale (digital divide), che affligge le aree marginali, non collegate a internet, che quindi non possono fornire ai propri cittadini servizi ormai indispensabili per lo studio ed il lavoro. Questo fatto crea una discriminante inaccettabile per gli abitanti di queste zone, che rischiano di veder aumentare sempre più la loro distanza dai servizi delle zone collegate più fortunate del paese.
L'avvento della connessione ADSL, l'Internet veloce e disponibile 24 ore su 24, che è stata la grande conquista digitale degli ultimi tempi, è ora appannaggio solo di alcune zone urbane e di pianura densamente popolate.
"La concessione in oligopolio del servizio di telefonia mobile GSM dovrebbe comprendere, tra gli obblighi, quello di coprire anche le zone montane e collinari," sostiene Valdegamberi. "Invece queste zone, per la scarsa densità abitativa, e la tradizionale pazienza delle genti che vi abitano (poco inclini alle manifestazioni di protesta), vengono sistematicamente trascurate."
A questo svantaggio, si aggiunge quello dei telefoni pubblici e delle cabine, sempre più introvabili nelle nostre strade. "Se questa situazione è fastidiosa nelle zone ben coperte dal servizio GSM," continua Valdegamberi, "qui da noi è addirittura insopportabile. E non solo per chi ci abita, ma anche per il turista che, dovendo telefonare, non ne ha la possibilità. È così che dimostriamo l'ospitalità, che dovrebbe essere una delle nostre fonti di reddito?"
Ma il battagliero assessore regionale non ha intenzione di subire passivamente il divario tecnologico: "Se i big delle telecomunicazioni non ci danno risposte precise, noi giocheremo le nostre carte," sostiene. Il riferimento è alla volontà di costituire, all'interno delle comunità montane che aderiranno al progetto, un'infrastruttura di rete senza fili, che è stata chiamata RAR (Rete per le Aree Rurali).
"Possiamo costruirci da soli il nostro sistema di comunicazioni, e a questo punto abbiamo il diritto di gestirlo secondo le nostre esigenze e alle nostre tariffe," conclude Valdegamberi.
Gli fa eco il consigliere provinciale veronese Luciano Marcazzan, impegnato, non da oggi, sul problema della connettività: "Le compagnie fingono di ignorare le nuove possibilità, a livello normativo, delle connessioni via radio, e i passi avanti fatti dall'informatica e telecomunicazioni libere e opensource," è la sua opinione.
Ma l'investimento non è fuori dalla portata di una comunità montana? "Non se si adotta un sistema basato sulla semplicità e la robustezza. La chiave del successo sta nel trovare e formare del personale preparato, in grado di curare la costruzione e la gestione di queste macchine: con i semplici rivenditori di apparecchiature elettroniche e di tecnologie proprietarie non si va lontano".
E le montagne veronesi sono in grado di strutturare una rete di telecomunicazioni, laddove hanno fallito potenti compagnie dotate di tecnologia avanzata? "Le compagnie non hanno fallito: non ci hanno neanche provato," continua Marcazzan, "i profitti attesi sono troppo bassi per fare qualunque investimento."
Qual è l'asso nella manica a disposizione delle comunità montane venete? "Connettere i cittadini con un'infrastruttura simile alle reti che collegano i dipendenti delle aziende (intranet), che potrà fornire non solo internet a banda larga, ma anche la fonia in voce (VOIP), videoconferenze, musica e cinema," è la conclusione di Marcazzan.
Sembra proprio che l'ottica della cooperazione dal basso, dell'utilizzo delle intelligenze diffuse nei territori, lo sfruttamento di tecnologie raffinate ed a basso prezzo tipica del modello "opensource", possa felicemente contaminare gli abitanti delle nostre comunità montane.
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