Le bolle blu di Microsoft scoppiano

La teoria creativa presentata dagli avvocati della casa di Redmond sui protocolli tenuti segreti non ha convinto.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 30-09-2007]

Foto di Marek Bernat

Pare che le bolle blu non abbiano portato a Microsoft la stessa fortuna che portarono a Mina qualche decennio fa. Si tratta di una teoria creativa presentata dagli avvocati del big di Redmond nell'aprile dello scorso anno, di fronte alla Corte Europea, per avvalorare la difesa di quella parte dei protocolli tenuta segreta.

Tale segreto rendeva praticamente impossibile interoperare con i servizi di Active Directory presenti sui sistemi operativi della casa di Redmond a partire dalla versione Windows Server 2000.

La bolla blu di Microsoft inglobava 46 brevetti, alcuni dei quali validi anche in Europa, sul servizio di Active Directory. Secondo Microsoft, questa parte riguardava la proprietà intellettuale di Microsoft e renderla pubblica avrebbe corrisposto a una violazione dei brevetti.

I protocolli in questione altro non sono che LDAP e Kerberos, dove per il 90% erano già pubblici. Solamente il rimanente 10% pare fosse stato modificato da Microsoft rendendo praticamente impossibile una reale concorrenza da parte di altre aziende (leggi Samba).

Georg Greve, Presidente della Free Software Foundation Europe, aveva precisato alcuni mesi fa: "Non ci interessa il codice sorgente di Microsoft, né i dettagli tecnici di implementazione. Chiediamo solo che le specifiche siano disponibili e che contengano le informazioni necessarie." E ancora: "Essere troppo didascalici sarebbe controproducente e un programmatore potrebbe essere distratto dal suo lavoro e perdere di vista la linea di sviluppo che sta seguendo".

L'avvocato di Microsoft Jean Francois Bellis ribatteva: "Tutti agiscono come noi, nessuno dà le specifiche dei propri protocolli di comunicazione".

La recente conferma della sanzione da 497 milioni di euro, inflitta nel 2004, mette fine a questa diatriba e al rifiuto, da parte di Microsoft, di rivelare informazioni tecniche necessarie per garantire l'interoperabilità di altri programmi con i propri prodotti.

Dunque questa causa dimostra come un mercato efficiente sia più importante dei brevetti sul software, e che il dialogo fra concorrenti sia più importante della proprietà.

Questa interpretazione, prettamente europea, apre però una profonda crepa con i concetti statunitensi. E' presumibile che questa discrasia possa portare, in futuro, a uno sviluppo differente nei due continenti delle interconnettività.

E' inoltre presumibile che questa sentenza apra la possibilità di future richieste da parte di altre aziende, e non solo nell'ambito dell'information technology.

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