Anche per il Cnipa l'email equivale a "forma scritta"

Questa la posizione assunta dal Centro Nazionale per l'Informatica nella Pubblica Amministrazione.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 05-06-2004]

Non si attenuano le polemiche seguite alla pubblicazione dell'ormai famoso decreto ingiuntivo n. 848/03 emesso dal Tribunale di Cuneo, sulla base di un semplice riconoscimento di debito avvenuto via e-mail (si rammenta, a titolo di cronaca, che anche un altro Tribunale, quello di Bari, ha emesso un decreto ingiuntivo su identici presupposti).

L'avv. Marco Cuniberti aveva ottenuto, si ricorda, l'emissione del decreto producendo le email a sostegno dei diritti di credito della società cliente in formato elettronico e cartaceo e sostenendo che esse integrassero i requisiti di forma scritta (previsti dal legislatore ex art. 634 c.p.c. per l'emissione di un decreto ingiuntivo).

Infatti, secondo l'avv. Cuniberti: "per quanto invece riguarda la richiesta forma ex art. 2702 c.c., occorre rifarsi al T.U. (D.P.R.) 445/2000 (così come modificato dal D.Lgs. 23 gennaio 2002, n. 10, dalla legge 16 gennaio 2003, n. 3 e dal D.P.R. 7 aprile 2003, n.137). Ai sensi dell'art. art. 1, primo comma, lett. b), il documento informatico è la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti: l'email quindi, con il suo contenuto, rappresenta senza dubbio un documento informatico.

Il successivo art. 8 stabilisce la piena validità giuridica di tale documento, disponendo che il documento informatico da chiunque formato, la registrazione su supporto informatico e la trasmissione con strumenti telematici, sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge, se conformi alle disposizioni del presente testo unico. L'art. 10, comma 2, prescrive poi che il documento informatico, sottoscritto con firma elettronica, soddisfa il requisito legale della forma scritta (benché con valore probatorio liberamente valutabile dal Giudice: ma questo non riguarda la fase monitoria, bensì, al limite, l'eventuale fase di merito); per quanto riguarda la definizione e il significato di firma elettronica, occorre ritornare all'art. 1, comma primo, lett. cc) (relativo appunto alle definizioni), a norma del quale essa è l'insieme dei dati in forma elettronica, allegati oppure connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici, utilizzati come metodo di autenticazione informatica."

Si è sostenuto, quindi, che un sistema di autenticazione basato su ID e PW, associato agli headers del messaggio di posta elettronica e alla stessa "firma" in calce al documento possano certamente integrare i requisiti generici previsti dal legislatore per la piena equiparabilità del documento informatico (dotato di firma elettronica cd. leggera) alla "forma scritta".

La novità è che questi fatti hanno trovato un inaspettato avallo dello Cnipa (Centro Nazionale per l'Informatica nella Pubblica Amministrazione) durante il convegno "Lo Studio Legale nella Società dell'Informazione" (che si è svolto a Brindisi, 28 e 29 maggio 2004, e promosso dall'Ordine degli Avvocati di Brindisi ). Il relatore Gianluigi Lazari, ha parlato proprio di e-mail e firma elettronica leggera, sostenendo la teoria che l'email equivalga a forma scritta (liberamente valutabile dal giudice sotto il profilo probatorio e della sicurezza)...

Come ben spiegato da Lazari, durante il suo intervento al convegno e come più volte ribadito in diversi articoli:

1) Il legislatore comunitario e quello nazionale hanno voluto introdurre nei relativi ordinamenti un'ampia tipologia di firme elettroniche (non si può ridurre l'intero discorso sulle firme elettroniche alla sola firma digitale che, in virtù dell'elevato grado di sicurezza assicurato, riveste una particolare rilevanza specialmente nei rapporti tra le P.A. e tra privati e P.A.; e anche qui le cose stanno cambiando...);

2) In particolare, il legislatore nazionale ha voluto assicurare, al documento informatico, munito di firma elettronica leggera, sia rilevanza giuridica formale (soddisfa il requisito legale della "forma scritta") sia ammissibilità come mezzo di prova (liberamente valutabile dal giudice);

3) L'e-mail può essere considerata documento informatico munito di firma elettronica leggera nei casi in cui per il suo invio sia necessario ricorrere ad un un metodo di autenticazione informatica (tra i metodi di autenticazione possiamo annoverare il sistema di codice di identificazione o user id e parola chiave o password, senza dimenticare gli headers associati al messaggio).

Effettivamente o il legislatore ha con il "vituperato" TUDA avviato un nuovo processo che mira ad accreditare nel nostro ordinamento nuove forme di firma elettronica, anche diverse dalla firma digitale (come previsto anche dalla legislazione comunitaria di riferimento) oppure molti articoli ivi contenuti non hanno alcun senso. Se non esistono altre firme elettroniche, oltre alla firma digitale, perché continuare a parlarne in un testo di legge?

Ma si pensi anche (e a solo titolo di esempio) al comma 6 dell'art. 43 nel momento in cui opera un'importante parificazione tra mezzi informatici/telematici e telefax affermando che "i documenti trasmessi da chiunque ad una pubblica amministrazione tramite fax, o con altro mezzo telematico o informatico idoneo ad accertarne la fonte di provenienza, soddisfano il requisito della forma scritta e la loro trasmissione non deve essere seguita da quella del documento originale". Qualsiasi sistema più o meno sicuro, purchè idoneo ad accertare la fonte di provenienza del documento, dovrebbe portare al soddisfacimento della cosiddetta "forma scritta".

Ad avviso di chi scrive, l'appartenenza del documento ad un soggetto è determinata ormai non solo dalla "fisicità" della grafia (come nel caso della sottoscrizione cartacea, che caratterizza il documento come "un'impronta personale") o dalla "sigillazione" (il famoso "sigillo" o "impronta di hash" impressa sul documento informatico con la firma digitale), ma anche e soprattutto dal potere di gestione dello strumento di comunicazione utilizzato.

Ormai la questione "firma" va anche letta alla luce della normativa sul trattamento "sicuro" dei dati personali, dove viene imposto un processo di autenticazione per qualsiasi strumento che noi utilizziamo e non potremo più con tranquillità, in futuro, sostenere: "Ho inviato una e-mail, ma questa non mi appartiene perché non è sottoscritta".

Oppure che ho mandato a quel paese con una email il mio datore di lavoro, ma questo strumento non vale O ancora: Ti ho inviato una proposta contrattuale via email, ma facevo per finta.... andrà, di volta in volta, dimostrata l'estraneità di quel documento alla nostra sfera di appartenenza (o eventualmente il suo contenuto evidentemente scherzoso). Così come chi vorrà produrre in giudizio l'email a sostegno delle sue ragioni dovrà preoccuparsi di dimostrare la sua provenienza e appartenenza a qualcuno.

Il diritto si evolve, anzi si va evolvendo, in considerazione di questo processo tecnologico legato all'appartanenza autenticata dello strumento che utilizziamo per vivere (professionalmente e non)...e occorre necessariamente leggere la normativa sulla firma elettronica anche in parallelo con quella relativa al trattamento dei dati personali che ormai sta creando concretamente questa "nuova forma di appartenenza" del dato (documentale, cartaceo, fotografico etc.) a un soggetto.

Vogliamo veramente frenare o ostacolare questo processo? A mio avviso si dovrà fare di tutto per rendere più sicuro quel senso di appartenenza, ma non certo riferire con tranquillità che l'email non esiste o equivale alla scrittura su sabbia (come si è sentito dire ultimamente). Anche la stessa posta certificata va verso questa direzione.

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