Molti partecipanti agli attacchi non si sono curati di celare i propri indirizzi IP, e ora rischiano grosso.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 13-12-2010]
L'arresto del sedicenne olandese accusato di aver partecipato agli attacchi contro i siti di Mastercard e Visa l'ha dimostrato: non è saggio improvvisarsi pirati informatici.
L'Università di Twente, nei Paesi Bassi, ha infatti pubblicato un breve studio in cui mostra come chi intenda intraprendere questo genere di attività non può limitarsi a utilizzare uno strumento preconfezionato, ma dovrebbe attivamente pensare a proteggersi.
Il Low Ion Orbit Cannon - lo strumento utilizzato per sferrare gli attacchi DDoS, da solo non fornisce i mezzi per rendersi anonimi: per questo motivo i pirati più "seri" utilizzano sistemi anonimizzanti come TOR per evitare di rendere pubblico il proprio indirizzo IP.
Né si può sentire al sicuro chi finora - ad attacchi conclusi - non è ancora stato rintracciato dalle forze dell'ordine: per legge gli ISP devono conservare i dati di connessione dei loro utenti per sei mesi. C'è dunque ancora tempo perché la polizia possa suonare al campanello di questi "pirati della domenica".
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