Una ricerca olandese dimostra che il blocco dei siti non serve a niente ma anzi danneggia le major che lo impongono.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 13-02-2014]
Censurare i siti BitTorrent non serve a niente, e di certo non a far calare la pirateria.
Finora si poteva dire che, per questa affermazione dettata dal buon senso, non c'erano prove certe; adesso però una ricerca olandese dimostra che le cose stanno proprio così.
Lo studio, realizzato da ricercatori dell'Università di Amsterdam e dell'Università di Tillburg, ha preso le mosse dalla censura a The Pirate Bay ordinata nel 2012 dai Paesi Bassi ed è stata pubblicata sul Telecommunications Policy Journal.
L'importanza del lavoro risiede nel fatto che i dati lì presentati dimostrano come le misure prese su pressione delle associazioni antipirateria si siano dimostrate del tutto inefficaci.
Il blocco della Baia, infatti, non ha avuto alcun effetto permanente sul numero complessivo di coloro che scaricano file da fonti illegali ma, anzi, ha fatto aumentare la pirateria locale.
Al di là di ciò, inoltre, i mezzi utilizzati per il blocco sono facilmente aggirabili.
«Le conoscenze necessarie per aggirare il blocco» - hanno spiegato i ricercatori a TorrentFreak - «non sono più avanzate di quelle necessarie per scaricare da fonti illegali e l'apparizione di nuovi mirror e proxy è qualcosa che chi appone i blocchi riesce a malapena a gestire».
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In pratica, per ogni sito bloccato ne nasce uno nuovo verso il quale le persone per lo più si spostano; altri si limitano ad aggirare le barriere.
«Crediamo che questi risultati possano probabilmente essere generalizzati verso qualunque servizio che abbia una base di utenti abbastanza larga. Gli utenti di Internet hanno dimostrato di essere molto fantasiosi nel trovare modi per aggirare i blocchi o nello spostarsi verso servizi simili se la prima alternativa non è praticabile».
È proprio di fronte a queste considerazione che alla fine di gennaio un tribunale olandese ha deciso di rimuovere il blocco a The Pirate Bay.
La censura ha poi una conseguenza pericolosa per le major, poiché le mette in cattiva luce presso i loro potenziali clienti: così questi tendono a spostarsi verso tecnologie che proteggano maggiormente l'anonimato, dalle dark net alle VPN fino alle tecniche di IP spoofing per proteggersi.
Il risultato è che «questi interventi minacciano la trasparenza di Internet, introducendo sul serio la censura» spiegano i ricercatori.
«Alla fine, la miglior strategia sembra essere l'istituzione di una sistema di distribuzione legale, facile, aggiornato e con prezzi ragionevoli» concludono gli autori dello studio.
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