UE: Google deve garantire il diritto all'oblio

I motori di ricerca sono responsabili dei link e devono cancellarli su richiesta.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 16-05-2014]

google ue diritto oblio

È il ribaltamento della concezione accettata sinora, anche dall'Avvocato Generale della Corte di Giustizia Europea, in materia di diritto all'oblio.

La Corte stessa ha infatti stabilito, con una recente sentenza, che i motori di ricerca sono responsabili della privacy degli utenti.

In altre parole, i link che essi mostrano come risultato delle ricerche non devono ledere la privacy delle persone: se qualcuno chiede la rimozione di un determinato collegamento dai risultati, quindi, il motore di ricerca deve obbedire. In caso contrario ci saranno sanzioni.

Tutto è iniziato quando un cittadino spagnolo aveva scoperto, cercando il proprio nome tramite Google, che esso appariva in due pagine del sito di un giornale, nelle quali egli veniva associato a un pignoramento avvenuto 16 anni prima.

Per questo motivo si era rivolto al Garante spagnolo per la privacy, chiedendo la modifica delle pagine sulla base del tempo trascorso e dell'irrilevanza della presenza del suo nome sul sito del quotidiano.

L'Autorità aveva quindi deciso di non imporre al giornale di modificare il proprio archivio, ma aveva anche imposto a Google di rendere irraggiungibile il nome dell'uomo in questione.

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Tenere un'espressione neutra: la mancanza di un feedback dato dall'espressione facciale fa pensare all'interlocutore che l'argomento non interessi.
Evitare il contatto visivo: non guardare l'altro negli occhi comunica una sensazione di debolezza e lascia pensare che si stia nascondendo qualcosa.
Sbagliare la stretta di mano: non deve essere né troppo debole né troppo forte, o genererà in entrambi i casi un'impressione errata (servilismo o aggressività).
Inviare segnali verbali e non verbali opposti: se l'espressione facciale è opposta a ciò che le parole dicono, l'interlocutore non si fiderà.
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Incrociare le braccia: l'interlocutore penserà che siamo sulla difensiva. Inoltre, se le mani non sono in vista crederà che abbiamo qualcosa da nascondere.

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Il motore di ricerca si era rifiutato, sostenendo di essere soltanto un intermediario verso le informazioni presenti in Rete e non direttamente responsabile.

La vicenda è quindi proseguita sino a giungere alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, che meno di un anno fa per bocca del proprio Avvocato Generale aveva dato ragione a Google.

Ora, invece, la Corte ha deciso che su Google gravano comunque delle responsabilità circa la protezione dei dati dei cittadini dell'Unione.

Per la Corte quindi è legittimo che un cittadino chieda la rimozione di un link da Google verso una pagina web che contenga dati che violino i suoi dati personali sensibili.

Questi potrebbero essere costituiti, per esempio, anche solo da un numero telefonico che una volta era pubblico ma di cui in seguito è stata chiesta la riservatezza.

Per la Corte però si deve tenere conto sempre, oltre che della tutela della privacy, anche dei diritti all'informazione degli utenti di Internet.

Google si è espressa negativamente sulla sentenza ed ha preso tempo per valutare le conseguenze pratiche.

Un portavoce dell'azienda ha dichiarato: «Si tratta di una decisione deludente per i motori di ricerca e per gli editori online in generale. Siamo molto sorpresi che differisca così drasticamente dall'opinione espressa dall'Avvocato Generale e da tutti gli avvertimenti e le conseguenze che lui aveva evidenziato. Adesso abbiamo bisogno di tempo per analizzarne le implicazioni».

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Pier Luigi Tolardo

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