Dopo anni di discussioni, il Governo e Tim avrebbero trovato l'accordo per una società unica della rete.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 30-08-2020]
La soluzione è arrivata con l'accordo interno alla maggioranza di governo (Pd, 5 Stelle, LeU e Italia Viva), ma avrebbe anche il gradimento di Silvio Berlusconi e di Giorgia Meloni: è una società unica che comprenda la rete in fibra di Tim e quella primaria in rame dello stesso gestore telefonico e la rete in fibra di Open Fiber; una società che veda nel suo capitale a maggioranza Tim ma anche Fastweb e Tiscali e lo Stato (attraverso la Cassa Depositi e Prestiti), ma che sia amministrata da un Cda non a maggioranza Tim per garantire la sua neutralità.
È questa la soluzione finale per gestire la realizzazione di una unica rete in banda larga che, grazie anche ai fondi europei, copra tutto il Paese, comprese anche le cosiddette "zone bianche": quelle aree del Paese che rischiano di stare senza banda larga perché non abbastanza profittevoli.
Il primo passo è la costituzione di FiberCop, una società che comprenda la rete fissa di Tim, ma in cui sarà presente anche Fastweb conferendo la sua rete, con l’ingresso nella compagine azionaria del fondo di investimento statunitense Kkr e di Tiscali. Il secondo è la fusione con Open Fiber, in cui sono presenti la Cassa Depositi e Prestiti (che è anche azionista di Tim) ed Enel, a cui potrebbe subentrare un fondo di investimento australiano.
La presenza dello Stato con modalità determinanti farebbe uscire le Tlc dall'ambito tutto privato (iniziato con la privatizzazione del 1998); la presenza di un fondo statunitense garantirebbe anche gli interessi strategici, politici e militari degli Usa, che temono i cinesi e la loro forte presenza nella realizzazione e gestione delle reti di telecomunicazioni europee.
L'unico nodo aperto, oltre al via libera dell'Antitrust europeo (invece il placet dell'Antitrust italiano e dell'Agcom sembrano scontati), è quello degli esuberi di Tim dopo lo scorporo della Rete, in cui circa 28.000 dipendenti potrebbero essere troppi: lo Stato dovrebbe farsi carico dei costi di un eventuale fondo di solidarietà di accompagnamento alla pensione dopo che, con risorse proprie (circa 750 milioni di euro), Tim ha già collocato in pensionamento anticipato 4.700 dipendenti negli anni 2019 e 2020.
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