Ma l'effetto è l'opposto: riportate in vita vicende ormai sepolte.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 04-07-2014]
Ci sono voluti meno di due mesi perché la sentenza della Corte di Giustizia europea che obbliga Google a tutelare il diritto all'oblio arrivasse alle conseguenze più ovvie: l'effetto Streisand.
Le oltre 70.000 richieste - 6.000 dall'Italia - ricevute dal gigante di Mountain View per la rimozione di link ritenuti scomodi non ha fatto altro che riaccendere l'attenzione su tutte quelle vicende che, sebbene ancora pubblicate online, erano ormai cadute nell'oblio per conto proprio.
La faccenda, però, è ancora più complicata e non ci si può limitare ad accoglierla con ironia.
Alcune testate britanniche - il Guardian e il Main Online ma anche la BBC - hanno fatto notare come alcuni articoli pubblicati sui loro siti siano scomparsi dall'indice di Google; per la precisione si tratta di sei articoli del Guardian.
Si tratta della conseguenza diretta del sistema che permette di richiedere la cancellazione da Google dei materiali sgraditi: pezzi dell'Internet europea quasi scompaiono.
Poco importa se gli articoli in questione siano ancora raggiungibili dal motore di ricerca interno dal sito, tramite i concorrenti di Google o - tanto per restare in tema di ironia - tramite la versione americana di Google; se il motore più adoperato in Europa non li indicizza, è come se non esistessero.
Ciò significa che, a lungo andare, cercare il nome di una persona su Google non porterà più a «vedere che cosa il gigante della ricerca pensi che siano le informazioni più importanti su un individuo» ma a «vedere le informazioni più importanti che l'oggetto della ricerca non sta cercando di nascondere», come commenta James Ball, del Guardian.
C'è poi la questione dei motivi per cui queste cancellazioni avvengono. Prendiamo per esempio tre degli articoli del Guardian censurati, quelli relativi all'ex arbitro scozzese di calcio Dougie McDonald: quando vennero pubblicati, nessuno protestò per l'eventuale presenza di errori, inesattezze o addirittura calunnie, segno che ciò che gli articoli sostenevano non poteva essere confutato.
Ora però, tramite una semplice form online, questi stessi articoli che non raccontano il falso sono stati fatti sparire dal maggior motore di ricerca: a questo punto stiamo parlando di diritto all'oblio o di censura?
La medesima cosa è successa a un articolo di Robert Preston del 2007 e pubblicato sul sito della BBC; si tratta di un pezzo che parla dell'allontanamento di Stan O'Neal, ex dirigente di Merrill Lynch, dal proprio posto di lavoro in concomitanza con le pesanti perdite subite dalla banca in quel periodo.
Anche questo articolo è stato rimosso dai risultati restituiti da Google se si cercano parole chiave che rimandano alla vicenda ma appare ancora se si cerca Stan O'Neal: ciò lascia pensare che l'unica persona citata per nome nell'articolo non sia responsabile della sua rimozione e viene da chiedersi quindi chi sia stato, e quali siano - se ci sono - i limiti posti alla possibilità di cancellare ciò che non piace.
Google, dal canto proprio, non ha mai nascosto la propria contrarietà alla decisione europea e afferma che, in effetti, il sistema deve ancora essere «perfezionato»; forse, però, è fallato sin dall'inizio.
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