L'app aiuterebbe i criminali ad aggirare i posti di blocco.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 10-02-2015]
Waze è un'app di "navigazione sociale": unisce infatti i pregi di un normale navigatore GPS alle funzioni di un social network.
Gli utenti di Waze formano una comunità di persone che collaborano per facilitare lo spostamento nel traffico, segnalando code, lavori in corso, incidenti e in generale qualunque ostacolo si palesi lungo un percorso.
L'app ha avuto tanto successo che nel 2013 Google ha deciso di acquistarla, lasciandone sostanzialmente intatte le funzionalità e l'indipendenza.
Negli ultimi tempi, però, qualcuno ha iniziato a guardare Waze con sospetto: le forze di polizia degli Stati Uniti temono infatti che l'app possa essere sfruttata dai criminali per evitare i posti di blocco o, peggio ancora, per progettare attacchi ai danni delle forze dell'ordine.
Tra gli "ostacoli" che gli utenti possono segnalare tramite Waze ci sono infatti le pattuglie di polizia: chi vede vede un'auto della polizia ferma lungo la strada, può indicarne la presenza sull'app.
Gli altri utenti non sapranno a colpo d'occhio se si tratti di una postazione per rilevare le infrazioni ai limiti di velocità, di un posto di blocco per effettuare i test per chi guida in stato di ebbrezza o se semplicemente gli agenti sono in pausa pranzo; in ogni caso, però, sapranno che lì ci sono dei poliziotti.
Il vicesceriffo californiano Sergio Kopelev ha sollevato il problema durante una recente assemblea dell'Associazione Nazionale degli Sceriffi, spiegando come secondo lui la possibilità che i criminali usino Waze per tendere agguati ai poliziotti sia più che concreta.
Lo sceriffo Mike Brown gli ha fatto eco, affermando che la polizia «deve coordinare uno sforzo per obbligare Google ad agire come quell'azienda responsabile che è sempre stata e rimuovere questa funzione dall'applicazione, prima che si arrivi a una causa».
Queste dichiarazioni hanno subito fatto nascere le proteste di chi, come la portavoce del Center for Democracy and Technology, ritiene che non si possa «imporre un blocco alle comunicazioni tra le persone semplicemente perché queste segnalano la presenza di forze dell'ordine pubblicamente visibili».
Al momento Google non ha commentato la vicenda, ma la discussione, tuttora in corso, promette di diventare ancora più accesa.
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