Pornografia, omicidi, pedofilia, necrofilia: la famosa app di video musicali nasconde un lato oscuro.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 27-03-2022]
TikTok, il social network cinese che vive di brevi video musicali (popolare anche e soprattutto tra i giovanissimi) torna sotto i riflettori dopo alcuni mesi perché due ex-moderatori della piattaforma hanno iniziato un contenzioso legale contro la società che lo controlla, ByteDance.
Ashley Velez e Reece Young sono (o erano, ormai) soltanto due degli oltre 10.000 moderatori che TikTok impiega in tutto il mondo ma, se le loro testimonianze sono vere, ciò che devono visionare tutti i giorni richiede davvero stomaci forti.
Il problema non sta solo nel fatto che ai moderatori vengano richiesti turni di lavoro lunghi anche 12 ore, ma più ancora in ciò che in quelle ore passano sugli schermi affinché ne vengano valutate la legalità e l'aderenza alle regole della piattaforma.
L'accoppiata formata da lunghi turni di lavoro e contenuti inquietanti ha portato Velez e Young prima a cercare supporto psicologico (dovendolo trovare al di fuori dell'azienda e pagando per esso di tasca propria), poi a lasciare il lavoro e infine a far causa a TikTok affinché le condizioni di lavoro dei moderatori cambino.
I documenti depositati in tribunale affermano innanzitutto che TikTok impone «standard produttivi» elevati al punto da essere disumani, costringendo i moderatori a sorbirsi lunghe ore di contenuti allarmanti senza nemmeno una pausa.
Poi, spiega in che cosa consistano questi contenuti: «molti atti di violenza estrema», compresi omicidi, bestialità, necrofilia e altro ancora.
«Vedevamo morte e pornografia veramente esplicita. Vedevamo minorenni nudi ogni giorno» ha raccontato Velez in un'intervista. «Ho visto gente a cui veniva sparato in faccia; un altro video che ritraeva un bambino che veniva picchiato mi ha fatto piangere per due ore intere».
Non è la prima volta che qualche lavoratore impiegato in quello che è stato definito «il peggior lavoro in campo tecnologico» - la moderazione dei contenuti caricati dagli utenti sui social network - cede di fronte al materiale che è costretto a valutare, oltretutto con turni disumani e avendo firmato una clausola di non-divulgazione che comporta la perdita del posto se si parla di quanto succede, come è capitato proprio a Velez e Young.
Diversi moderatori di Facebook in passato hanno già raccontato delle difficoltà dal punto di vista psicologico che il loro lavoro impone e lo stesso TikTok, alla fine dello scorso anno, era finito sotto accusa perché una moderatrice aveva affermato che l'attività le aveva causato un disturbo da stress post-traumatico.
Allora l'azienda aveva promesso che sarebbe intervenuta, introducendo turni della durata massima di quattro ore e attivando un supporto psicologico interno; se anche ciò in questi mesi è stato fatto nella struttura in cui lavorava la moderatrice che aveva parlato lo scorso dicembre, chiaramente la pratica non è stata adottata in California, dove operavano Young e Velez.
L'intera vicenda da un lato sicuramente fa sentire solidali verso i moderatori, ma dall'altro dovrebbe generare una preoccupazione aggiuntiva: che cosa gira davvero su quei canali tanto frequentati da giovanissimi e quanto sfugge ai moderatori?
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