Ma anche per avere un maggior controllo sull'informazione nel web.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 27-04-2022]
Mentre l'attenzione di tutti pareva concentrate sulle intenzioni di Elon Musk nei confronti di Twitter, l'Unione Europea ha preparato un altro tassello del mosaico legislativo che sta componendo per la regolamentazione del web.
Accando al DMA - Digital Markets Act - la cui bozza è stata approntata alla fine dello scorso mese ora si posiziona il DSA, Digital Services Act, o Legge sui Servizi Digitali.
Esso, per il quale è stato ora trovato un accordo politico, si occupa di regolamentare vari aspetti delle attività che si possono condurre nel web, avendo un occhio di particolare attenzione verso i social network e i giganti della Rete, secondo il principio «Ciò che è illegale offline dovrebbe essere illegale anche online».
In sé il principio non può che essere accolto, anche se le parole con cui lo commenta Margrethe Vestager, vicepresidente della Commissione Europea, suscitano qualche sospetto di velleità censoria (come spesso accade con le iniziative della UE) quando fanno riferimento alla costituzione di «un ambiente online sicuro e responsabile».
Molti principi, d'altra parte, sono condivisibili. Il DSA prevede, per esempio, «un meccanismo che consente agli utenti di segnalare facilmente contenuti illegali e alle piattaforme di cooperare con i cosiddetti "segnalatori attendibili"» nonché «nuovi obblighi in materia di tracciabilità degli utenti commerciali nei mercati online».
Nella legge vi sono poi misure «che responsabilizzano gli utenti e la società civile», quali «la possibilità di contestare le decisioni delle piattaforme in materia di moderazione dei contenuti e di presentare ricorso, sia attraverso un meccanismo di risoluzione extragiudiziale delle controversie sia per via giudiziaria»; «l'accesso dei ricercatori abilitati ai dati fondamentali delle piattaforme di dimensioni maggiori e accesso delle ONG a dati pubblici per avere una migliore comprensione di come evolvono i rischi online»; «misure di trasparenza per le piattaforme online su una serie di questioni, tra cui gli algoritmi utilizzati per la raccomandazione di contenuti o prodotti agli utenti».
Ancora, sono contemplate «misure di valutazione e attenuazione dei rischi», come «l'obbligo per le piattaforme di dimensioni molto grandi e i motori di ricerca di dimensioni molto grandi di adottare misure basate sul rischio per prevenire l'abuso dei loro sistemi e di sottoporre i propri sistemi di gestione dei rischi ad audit indipendenti»; «meccanismi per un adattamento rapido ed efficiente in risposta alle crisi che interessano la sicurezza pubblica o la salute pubblica»; «nuove garanzie per la tutela dei minori e limiti all'uso di dati personali sensibili per la pubblicità mirate».
D'altro canto, però, sempre il Commissario Vestager sottolinea come la legge serva a costringere le piattaforme non soltanto a «essere trasparenti nelle loro decisioni di moderazione dei contenuti», ma anche a «impedire la diffusione virale della disinformazione pericolosa»: ossia, ancora una volta, si tratta di togliere agli utenti del web la possibilità di approfondire da sé i contenuti pubblicati e valutarli, formandosi così una coscienza critica, lasciando pensare che la Commissione voglia essere l'arbitro in grado di stabilire che cosa sia lecito immettere in Rete e che cosa non lo sia.
È pur vero che ci sono situazioni delicate in cui la diffusione di informazioni false può persino essere pericolosa, eppure sappiamo anche come la fiducia nelle "fonti accreditate" non possa essere cieca, considerate certe operazioni maldestre avvenute in tempi recenti.
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